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Il concetto di verosimile al cinema



Il verosimile concerne al tempo stesso il rapporto di un testo con l’opinione comune, il suo rapporto con altri testi, ma anche il funzionamento interno della storia che esso racconta.
Il sistema del verosimile si delinea sempre in funzione della rettitudine, per questo si giudica verosimile soltanto un’azione che può essere rapportata a una delle forme fissate che esprime ciò che è l’opinione comune; inoltre il verosimile costituisce una forma di censura poiché restringe, in nome della rettitudine, il numero dei possibili narrativi o delle situazioni diegetiche immaginabili. Il paradosso è molto spesso inverosimile perché va contro l’opinione comune, la doxa, ma essa può variare, e con lei il verosimile.
Queste regole che sono tacitamente riconosciute dal pubblico sono applicate, ma non sono mai spiegate, cosicché il rapporto di una storia col sistema del verosimile cui essa si sottomette è essenzialmente un rapporto muto. Ciò che è considerato verosimile è ciò che è prevedibile: il verosimile è dunque legato alla motivazione, all’interno della storia, delle azioni intraprese. Così ogni unità diegetica ha sempre una duplice funzione: una funzione immediata, che varia, e una funzione a termine, che consiste nel preparare con discrezione la venuta di un’altra unità per la quale essa servirà da motivazione.

SISTEMA ECONOMICO DEL VEROSIMILE
Se nella diegesi sono le cause che sembrano determinare gli effetti, nella costruzione del racconto sono gli effetti che determinano le cause, come ad esempi ne La cagna, in cui Maurice non uccide Lulu con il tagliacarte perché lei lo stava usando, ma lei lo usa perché verrà uccisa da Maurice. In questo modo il racconto guadagna in economia, e questo a diversi titoli: per la duplice funzione dell’azione diegetica che serve due volte invece che una, perché un’unità può essere sovradeterminante o sovradeterminata, attraverso il capovolgimento della determinazione narrativa della causa tramite l’effetto; in quest’ultima ottica il verosimile non è dunque che un mezzo per naturalizzare l’arbitrarietà del racconto, per realizzarla. Per riprendere una formula di Genette, se la funzione di un’unità diegetica è ciò cui essa serve, la sua motivazione è ciò che a essa serve per dissimulare la propria funzione. Il verosimile si definisce anche in rapporto ai testi, nella misura in cui questi tendono sempre a produrre un’opinione comune dalla loro convergenza: sarà giudicato verosimile ciò che si sarà già visto in un’opera precedente; dicevamo che il paradosso è inverosimile, ma questo è vero solo per le sue prime apparizioni nel film. Lo si può anche vedere nel gioco di interferenza tra personaggio e attore, come avevamo detto, il verosimile del primo deve molto ai ruoli precedenti del secondo e all’immagine di star che lui si era formato.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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