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Le reti nell’intervento psicologico-sociale

Le reti nell’intervento psicologico-sociale

La rete sociale è anche uno STRUMENTO di INTERVENTO soprattutto nel lavoro dei servizi socio-sanitari e di comunità in generale. Chi opera nei servizi riceve la richiesta di presa in carico di tipo tecnico e individuale del problema. In molti problemi è forte la componente sociale, eventuali soluzioni sono affidate a ridestare nel soggetto o nel suo ambiente risorse attive. In ambito clinico hanno cominciato a svilupparsi modelli di intervento che comprendono nel processo terapeutico la rete totale o parziale del paziente. L’obiettivo di questi approcci è di favorire un cambiamento della persona, un non aggravarsi di una situazione critica, l’apertura di nuovi sbocchi o la possibilità di accedere a trattamenti più idonei la cui realizzazione appare ostacolata o impedita dalla rete di ego o da parti di essa. Un pioniere in quest’area di lavoro è ROSS SPECK che per primo ha esplorato la dimensione della rete in ambito clinico. 
ROSS SPECK PSICOTERAPIA E MOBILITAZIONE DELLA RETE Speck comincia negli anni ’60 ad occuparsi di famiglie di pazienti schizofrenici trattate presso le proprie abitazioni senza l’uso dei medicinali evitando l’etichettamento sociale del paziente che si avrebbe con l’ospedalizzazione. I risultati evidenziarono come in 4 casi su 5 gli obiettivi venissero raggiunti in maniera più rapida rispetto ad una terapia individuale in ospedale. I punti di appoggio che Speck trovò per mettere a punto il suo tipo di terapia di rete furono due » lo studio della Bott e la collaborazione con la psicologa di origine amerindiana Carolyn Attneave (che si rese conto dell’importanza del dato culturale). A seguito dell’incontro con Speck entrambi iniziarono a sviluppare un procedimento di intervento terapeutico basato sul soggetto e sulla rete sociale, nell’intento di fondare un metodo che, anziché adattare i pazienti al proprio modello (o di selezionarli preventivamente in base a questo), si adeguasse alla RETE ESTESA dei loro soggetti, e quindi anche ai loro sistemi percettivo-cognitivi e culturali. Il metodo comporta vari piani e fasi » il comportamento del paziente, inizialmente proposto come “i suoi sintomi”, viene ridefinito in termini di rapporti con una struttura non adeguata e poi presentato e discusso con il soggetto stesso e con la parte più intima della sua rete. Questo gruppo ristretto agisce in modo attivo per riunire la rete sociale più larga del soggetto la quale, comprendente a volte fino a cento persone, diviene oggetto del trattamento dell’équipe di consulenza, solitamente presso la famiglia. Le fasi del trattamento vengono descritte come: 
 
» RITRIBALIZZAZIONE il cui scopo è di trattare l’intera struttura rendendo visibile e vitale la rete, cercando di ripristinarne la funzione positiva, e di attivare eventi in modo da far acquisire al ciclo il proprio slancio. 
» POLARIZZAZIONE poiché anche in una rete ed in una tribù esistono punti di vista diversi, rapporti di potere conflittuali, alleanze, esclusioni e coalizioni, è necessario articolare questa fase in cui tutto ciò venga esternato e faccia acquistare dimensione alle possibili soluzioni del problema. In questa fase vengono organizzati contemporaneamente microsetting di sottogruppi in conflitto fra loro che interagiscono con la famiglia. La polarizzazione incrementa l’energia dei gruppi neo-costituiti. La polarizzazione conduce alla 
» MOBILITAZIONE delle attività e, con il sostegno dell’èquipe che si rende disponibile per crisi e consultazioni, porta a formulare obiettivi e strategie ed anche ad organizzare gruppi di sostegno per ogni membro della famiglia. 
» DEPRESSIONE è comune al gruppo allargato il confronto con un compito nuovo e difficile produrrà inizialmente resistenze, difficoltà ed anche depressioni ed angoscia. L’èquipe aiuterà a superare questa fase, ma soprattutto una nuova mobilitazione verrà da parte di quei soggetti che emergeranno come nuovi attivatori essi cominceranno a cercare soluzioni, a reclutare altri, portando il gruppo alla fase di 
» SBLOCCO e quindi a quella successiva di 
» ESAURIMENTO-EUFORIA 
Il gruppo diventa agente del proprio cambiamento. Il compito dello psicologo è aiutare il gruppo a superare fasi stagnanti. L’intervento è centrato sui processi di gruppo piuttosto che sui contenuti. Gli psicologi sono dei tecnici partecipanti che favoriscono la soluzione partecipata ai problemi. Lo scopo dell’utilizzo della rete è di utilizzare la forza della rete per scuotere un sistema irrigidito e consentire la crescita dell’insight e della conoscenza, che si producano quei cambiamenti che i membri del sistema desiderano, di cui sono i soli responsabili. 
UN MODELLO INTEGRATO DI INTERVENTO PSICOSOCIALE 
Prima fase di mappatura della rete da parte dell’operatore insieme all’utente, familiari ed amici. Gli strumenti sono il colloquio individuale e/o di gruppo e l’eventuale osservazione in contesti naturali. 
Una volta costruita la mappa della rete sociale, si effettua una valutazione complessiva ed analitica che individui i punti forti e deboli, le potenzialità e disponibilità in modo da fare emergere una strategia operativa. Gli elementi presi in considerazione sono: DIMENSIONE della RETE, TIPO di LEGAME di CIASCUN MEMBRO CON la FIGURA CENTRALE, FREQUENZA dei CONTATTI, RECIPROCITÀ o MENO dei LEGAMI, LORO DURATA, POSSIBILITÀ CHE la RETE OFFRE di SUDDIVIDERE in SOTTO-UNITÀ, POSSIBILI CONFLITTUALITÀ TRA SOTTO UNITÀ della RETE o TRA INDIVIDUI. 
Se la rete è COESA e OMOGENEA, costituita da un grande gruppo, ha il vantaggio di offrire un supporto forte ma è forte anche il controllo normativo, quindi il supporto psicologico è vincolato a comportamenti conformi ai valori ed alle norme consolidate, quindi si affrontano i problemi senza confronto con l’esterno. Il cambiamento rischia di entrare in conflitto con pratiche consolidate, mantenute e controllate. 
Se la rete è FRAMMENTATA, costituita da piccoli gruppi indipendenti, le possibilità di rivolgersi all’esterno sono maggiori, c’è maggiore flessibilità e mobilità ma un sostegno sociale meno stabile e diffuso. 
Se la rete è DISPERSA, costituita da persone che si conoscono poco e si frequentano poco, le relazioni tendono a non durare ed a non essere reciproche, questa rete non ha un ruolo attivo sul piano psicosociale. 
Una volta valutato il tipo di rete e la natura del problema, occorre definire gli obiettivi dell’intervento. Tali obiettivi, in chiave di psicologia di comunità, presumono un'ottica sulla soggettività e sulle dinamiche psichiche; ad esempio: aumentare la sensibilità alle risorse, alla consapevolezza del mondo relazionale, contribuire alla mobilitazione delle risorse, minimizzarne la dispersione, rinforzare e sostenere i legami esistenti, riorganizzare i sistemi di supporto, costruire o ricostruire la rete sociale, contattare gli irraggiungibili (tale intervento è detto OUTREACH). PEER EDUCATION intervento che parte dall'assunto che le persone sono più influenzabili dalla comunicazione tra pari (cioè orizzontale) anziché da quella verticale. 
Queste azioni assumono significato se inseriti in un progetto di sviluppo e di partecipazione della comunità. Il riferimento alla rete sociale ha permesso lo sviluppo di interventi focalizzati intorno ad un soggetto, a progetti di strada, di peer education, di aiuto-aiuto. Inoltre ha fatto comprendere come i legami di dipendenza e di controllo nell'ambito di una situazione in cui un soggetto presenti problemi possano essere fortemente intrecciati e forti anche se silenti. Questo approccio è basato su una ottica teorico metodologica di ordine clinico in senso psicosociale mirata a favorire la partecipazione delle persone, l'autonomia e l'azione anche politica del collettivo, cioè assumere un ruolo partecipante all'azione. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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