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La nozione di genere nella critica





Sul piano dell’interpretazione la nozione di genere non è una categoria problematica ma uno strumento per individuare una caratteristica testuale cui riferire determinati significati. in questo senso possiamo dire che l’incertezza della categoria concettuale che era avvertita come imbarazzante dalla teoria funziona sul piano della critica come un vantaggio. Ancora una volta ciò che è percepito come problematico sul piano teorico, diventa immediatamente produttivo sul piano critico. Le categorie predefinite della ricerca storico-teorica entrano quindi nel discorso critico quando si tratta di individuare significati di ogni tipo garantiti dalle convenzioni del genere.
È possibile poi trattare certi temi come veri e propri schemi categoriali. Si pensi all’onnipresente categoria della riflessività che fa sentire il proprio peso anche in questo campo. Su un piano più giustificativo-valutativo non è poi infrequente l’abitudine di attribuire implicitamente valore ad un dato film considerandolo interessante proprio come variazione rispetto ad una norma istituita dalla categoria di riferimento. Unendo tema riflessivo e schema categoriale si ottiene un potente strumento euristico in grado di individuare in un testo qualsiasi tipo di operazione si è disposti a individuare per creare un clima di interesse intorno alla pellicola considerata.
Gli atti di classificazione per genere possono essere gerarchizzati in riferimento al loro maggiore o minore ricorrere nelle interpretazioni; il richiamo ad alcuni generi sembra più produttivo di altri: assieme al musical e al western, lo schema categoriale più applicato in questi anni p quello di cinema classico qui inteso di volta in volta, nella sua assoluta genericità come set di forme, stili e temi più o meno ricorrenti. Non è escluso comunque che certi generi non vengano ridefiniti col tempo o creati dal nulla.
In generale si può dire che rispetto ai temi, gli schemi categoriali prevedono un maggior grado di libertà creativa; contemporaneamente, gli schemi presentano un grado di deperibilità rispetto ai temi. Quando un tema entra nel dimenticatoio è assai difficile farlo ritornare attuale; al contrario una classificazione, per quanto vecchia e desueta appaia, potrà sempre tornare utile per segnalare dei precedenti classificatori all’attività di interpretazione.
Esistono poi alcuni schemi utilizzati normalmente nella comprensione ordinaria di ogni messaggio che rivestono la loro importanza anche nel campo dell’analisi dei film. Un processo assai comune in campo retorico generalmente chiamato personificazione – o prosopopea – consiste nel raffigurare come persone esseri inanimati o entità astratte. La raffigurazione può riguardare anche azioni che si attribuiscono per via di convenzione all’oggetto inanimato considerato. Qui abbiamo una serie di entità astratte che vengono assunte nei termini di soggetti agenti in proprio. Bordwell parla a questo proposito di schemi personificanti.

Tratto da CRITICA CINEMATOGRAFICA di Nicola Giuseppe Scelsi
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