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Aristide Gabelli

E’ colui che più trasforma i principi del positivismo in concreta pratica e organizzazione scolastica. Egli contribuisce alla creazione della scuola nazionale, secondo la convinzione che l’emancipazione delle masse popolari non debba realizzarsi attraverso la partecipazione politica diretta, ma mediante la scolarizzazione, per la quale elabora nel 1888 i nuovi programmi per la scuola elementare.
La concezione pedagogica → Secondo lui la scuola e l’educazione devono adeguarsi al nuovo che sta sorgendo nella società e a questo preparare i cittadini. Affinché l’educazione possa essere individualmente e socialmente utile, occorre che sia “accomodata al tempo”, che “ne comprenda lo spirito, ne secondi le tendenze, ne appaghi i bisogni”. C’era infatti un grande divario tra l’immaturità civile della maggior parte della popolazione e la modernità del nuovo stato che necessitava del contributo di cittadini consapevoli.
Il laicismo di Gabelli non diventa rifiuto dell’insegnamento religioso; la religione rimane uno strumento insostituibile di controllo delle masse popolari,pertanto essa va mantenuta come insegnamento, purchè limitato alla semplice morale evangelica. Egli vede una necessità dell’alfabetizzazione di base in una scuola laica, statale e obbligatoria, ma che non si traduce nell’idea di una scuola per tutti a tutti i gradi: l’istruzione classica va riservata ai figli dei benestanti colti.

La scuola
L’educazione deve avere un fine pratico, che consiste nel preparare i giovani ad affrontare e risolvere i vari problemi dell’ambiente storico sociale in cui vivono. Il compito primario delle scuole è di insegnare a pensare, muovendo dall’osservazione dei fatti, quindi non importa tanto il che cosa si impara ma il come si impara. Il metodo deve essere intuitivo e quindi oggettivo. La scuola deve saper trarre profitto da tutto ciò che il bambino ha ricevuto dall’ambiente. Occorre preparare un metodo che desti curiosità, che tenga viva l’attenzione perché fondato sull’interesse. Nel 1888 elabora i nuovi programmi per l’istruzione elementare, con l’obbiettivo tutto spenceriano di dar vigore al corpo, penetrazione all’intelligenza, rettitudine all’animo. La formazione di abitudini è “la mira di tutto l’insegnamento” e il fine più alto è quello morale, attraverso il quale l’uomo sottomette i suoi istinti per obbedire alle leggi.

Tratto da CULTURA PEDAGOGICA - LA STORIA di Selma Aslaoui
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