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La supervisione degli educatori


Nel lavoro educativo esistono un diffuso bisogno e una diffusa pratica di supervisione educativa.
La supervisione, oltre a presupporre un’asimmetria di conoscenze e di esperienze, presuppone una diversità di posizione rispetto al coinvolgimento diretto e alla responsabilità. La supervisione, per essere tale, non può cioè vedere il supervisore direttamente impegnato nella gestione del caso oggetto di supervisione.
Nel lavoro educativo si pone la questione della distinzione e del rapporto che intercorre tra la supervisione di tipo pedagogico e di tipo psicologico, anche per ridurre i rischi che l’insieme delle supervisioni sia ridotto al secondo tipo.
La supervisione psicologica si interroga rispetto al vissuto individuale o collettivo dell’esperienza operativa, indipendentemente dalla sua collocazione nella cornice della dimensione progettuale.
La supervisione pedagogica, invece, ha lo scopo di favorire la lettura pedagogica dei fatti educativi.
In particolare, è una supervisione finalizzata a:
individuare e sciogliere alcune situazioni intoppo che non consentono, a una prima analisi, l’auspicato procedere del progetto;
evidenziare il senso dell’azione educativa, cioè scoprire educazione pensata, anche laddove non sembra esservi pensiero, e scoprire pratica educativa anche laddove non sembra esservi pratica educativa;
favorire il confronto tra le dichiarazioni d’intenti educativi e gli effetti educativi, quando tra i due momenti sembra esistere uno iato ritenuto non fisiologico ma patologico.

Tratto da L’EDUCATORE IMPERFETTO di Anna Bosetti
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