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Io nella psicanalisi


La psicoanalisi ha fortemente tematizzato il concetto di “Io”, e lo studioso che più rappresenta  questa corrente è Freud. Secondo Freud l’Io è composto da due versanti:  1. un versante funzionale, secondo cui l’Io ha lo scopo di garantire l’adattamento e la  sopravvivenza nell’ambiente fisico e sociale in cui l’organismo vive. È una funzione primaria  che l’Io può adempiere perchè è detentore di tutti i processi cognitivi (linguaggio, controllo  motorio, memoria, attenzione, coscienza);  2. un versante “affettivo”, secondo cui l’Io deve garantire la funzionalità proteggendo dall’ansia.  L’adattamento non deve avvenire sono nei confronti del mondo esterno, ma anche nei  confronti del mondo interno, cioè il mondo delle pulsioni e degli istinti, ma anche di tutto ciò  che è inaccettabile per la coscienza. L’Io deve garantire l’adattamento interno grazie a dei  meccanismi di difesa.  In sostanza per Freud l’Io deve garantire l’adattamento finalizzato alla sopravvivenza  dell’individuo, mentre le pulsioni sessuali devono garantire la sopravvivenza della specie. L’Io  svolge questa funzione sia verso il mondo esterno (tramite processi cognitivi classici: percezione,  apprendimento, linguaggio, memoria) sia verso il mondo interno (attraverso processi inconsci  che costituiscono i meccanismi di difesa, che controllano il mondo interno degli istinti).  La novità di questa concezione è quella di ipotizzare all’interno dell’Io un’attività diretta  all’inconscio ed inconscia essa stessa (i meccanismi di difesa sono inconsci). Nonostante questo  però la concezione freudiana dell’Io rimane simile a quella della tradizione occidentale: l’Io è la  parte organizzata della personalità, che controlla-pianifica-programma attraverso processi di  razionalizzazione che permettono una rappresentazione di sé e del mondo ordinata e coerente.  Ma esiste un altro elemento di innovazione nella visione freudiana, costituito dalla dottrina del  Super-Ego, e legato al tema dell’incorporazione delle identificazioni primarie.  Secondo la teoria dell’identificazione, l’Io (inteso come nucleo di riferimento ad un sé interiore) si  genera nel corso dello sviluppo psichico attraverso il processo di incorporazione.  Per Freud oltre all’Io funzionale che presiede all’organizzazione dell’adattamento e alla difesa  dall’ansia, esiste un Io costituito dalla somma delle identificazioni a partire da quella della madre  fino alle altre identificazioni con altre figure affettivamente rilevanti. Man mano che il bambino  cresce, il cerchio costituito dalla mamma e dalle figure genitoriali, si estende ai fratelli, agli amici,  agli insegnanti e ad altre figure.  Ciascuno di noi diventa un “se stesso” a partire dalla sedimentazione delle identificazioni, cioè del  vissuto e della percezione del legame con le figure emotivamente significative nel corso della  nostra vita (teoria delle relazioni oggettuali).  Connessa all’identificazione è anche l’imitazione, in quanto modo di assomigliarsi all’oggetto di  riferimento.  La prospettiva delle relazioni oggettuali ha assunto una importanza maggiore dell’aspetto  funzionale dell’Io, anche se si pone il problema di rendere coerenti le diverse figure, che  probabilmente portano degli aspetti in contraddizione tra loro (esempio: possiamo identificarci  contemporaneamente con personaggi aggressivi e con personaggi caritatevoli).

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