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Le matrici relazionali affettive dei servizi educativi


La nozione di servizio si riferisce al servire qualcuno e al contesto entro i quali si realizzano le prestazioni. Il servizio implica due soggetti in posizione asimmetrica,l’istituzione introduce un terzo soggetto che concorre ad emancipare la relazione per farla diventare una dimensione pubblica regolamentata. Il servitore (operatore) dispone di discrezionalità grazie alla quale può tirarsi indietro di fronte ad alcune richieste,non da disponibilità illimitata. Il corpus di saperi personali dell’operatore lo collocano in una posizione superiore rispetto l’utente,suo subalterno anche perché è in oggettiva condizione di bisogno. Due codici di significazione dell’esperienza: codice materno (soddisfazione del cliente e disponibilità dell’operatore) e codice bambino (dipendenza,obbedienza e soddisfazione del cliente).
La dimensione affettiva è centrale nelle istituzioni sociali, gli operatori sono costantemente pervasi da sentimenti di incertezza,fatica,morte con rischi emotivi altissimi. L’ansia che accompagna il lavoro sociale è data anche dalle aspettative che la società ha nei confronti degli educatori,che lavorano in luoghi “separati” deputati al trattamento di soggetti difficili. L’istituzione può essere vista dall’educatore come contenimento e tutela o come condizione che opprime, che incarna figure persecutorie legate al mondo interno dell’operatore.
L’autentico lavoro di cura si connota per un approccio orientato alla personalizzazione degli interventi e al riconoscimento delle potenzialità altrui. Il lavoro di cura è basato sulla relazione che è orientata alla promozione del “poter essere” di tutti i soggetti. I saperi tecnici dell’operatore hanno portato ad un modello incentrato sulla dipendenza del cliente ai saperi, ma si ha anche un modello della “missione” incentrato sul desiderio di poter fare qualcosa per gli altri, dove la competenza professionale appare in secondo piano. La matrice vocazionale però sembra portare ad una immaginazione del lavoro di servizio come un “servire e servirsi”.
Il lavoro si configura come un punto di contatto tra la dimensione soggettiva e quella formale dell’operatore. In ogni ruolo si possono leggere una dimensione prescritta(deriva da vincoli esterni) e una discrezionale (deriva dai vicoli interni). I ruoli possono essere altamente prescrittivi (margini di azioni molto ristretti per chi agisce) e ruoli debolmente prescrittivi (ampia autonomia). In ogni operatore sono presenti dimensioni soggettive riguardo il suo ruolo professionale che rendono il suo lavoro imprevedibile; l’assunzione del ruolo è legata anche a tratti che l’individuo ha elaborato nel corso della sua vita. I tratti sociali sono influenzati dai motivi e dalle concezioni personali che hanno portato a questo lavoro, dove l’individuo mette in gioco tutto sé stesso. Si delineano quattro profili di attese rispetto al lavoro: profilo orientato all’autonomia (individui che vogliono legarsi all’istituzione con ambivalenza), profilo di soggetti che hanno bisogno di essere riconosciuti come unici (si legano al capo per ottenere ruoli che li differenzino), profilo di coloro che legano al lavoro la fantasia di lasciare qualcosa agli altri, profilo di chi associa al lavoro la possibilità di esprimere valori in cui credere.
La storia educativa individuale riveste un ruolo centrale nell’elaborazione delle aspettative e dei bisogni che il soggetto riversa nel lavoro. Si ha qui il ‘transfert pedagogico’, un processo in base al quale si riattivano per tutta la vita modelli pedagogici e pratiche educative sperimentate inizialmente. Alcuni autori hanno notato che la motivazione alle professioni di aiuto sia legata ad un bisogno di riscatto, bisogno di aiuto e ascolto di sé frustrata dai genitori (Miller). I modelli pedagogici vissuti sopravvivono nel soggetto in qualità di latenze che condizionano l’azione (Massa). Queste dimensioni sono ‘conosciute e non pensate’ e influenzano il modo di pensare il programma, agire gli interventi, pensare ai fini dell’intervento, posizionarsi con i capi, leggere ed interpretare vincoli del contesto professionale.

Tratto da IL LAVORO PEDAGOGICO NEI SERVIZI EDUCATIVI di Adriana Morganti
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