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La soggettiva dell'inquadratura di Il re dell'arena



La soggettiva infatti muta di parecchio l’assetto precedente: si esibiscono ancora degli sguardi, ma se ne inverte la direzione.
Basta ripercorrere la struttura: essa prevede due componenti, cui corrispondono sintatticamente due inquadrature o due parti d’inquadratura; di fronte a questa struttura, traduciamo il primo momento come “io guardo e ti faccio guardare lui che guarda”, e il secondo momento come “io faccio guardare a lui quello che faccio guardare a te”: dunque abbiamo una successione1 dall’“io e te vediamo lui” al “tu e lui vedete ciò che io vi mostro”.
Ne deriva una saldatura del personaggio non più con l’enunciatore, ma con l’enunciatario: in un sincretismo che si realizza come coincidenza di compiti(tu e lui siete portati entrambi a guardare) piuttosto che come sovrapposizione di attività e di finalità; e in un sincretismo che si realizza giustapponendo due inquadrature o due momenti oggettivi, in nessuno dei quali preso singolarmente l’enunciatore o l’enunciatario escono allo scoperto.
La configurazione finale non dice più “io e te guardiamo lui”, come fa l’oggettiva, né dice “noi, cioè io e lui, guardiamo te”, come fa l’interpellazione, ma dice “io vi faccio guardare, e cioè porto a guardare sia te che lui”.
Resta da aggiungere che questa nostra terza casella, in cui l’enunciatario assume la posizione del personaggio, non trova delle dirette esemplificazioni nel nostro esempio: le troverebbe se al movimento di macchina che cerca di sorprendere le ragazze mentre si spogliano seguisse un controcampo in grado di attribuire a qualcuno quello sguardo malizioso.

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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