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L'aerofotogrammeria

Con l'ausilio della fotografia è possibile eseguire con maggiore rapidità e precisione tutti i lavori di triangolazione del territorio. La fotografia aerea permette di sviluppare anche da altezze considerevoli le teorie e le tecniche della fotogrammeria. Le prime applicazioni furono fatte da Ignazio Porro, che costruì nel 1855 una particolare macchina fotografica, denominata „per fotografia sferica“ poiché era in grado di riprendere un campo di 125°. Il piano focale era costituito da un cilindro sul quale passava una striscia di carta sensibile. Lo strumento poteva essere messo in orizzontale con una livella ed era dotato di bussola. Presentò successivamente il fotogoniometro, che permetteva di mirare alle immagini fotografiche nello stesso modo in cui in campagna si mira agli oggetti. 
Chi condusse gli esperimenti sul campo fu Michele Manzi, che nel 1875 utilizzò la fototopografia per completare il disegno di una tavoletta relativa al Gran Sasso. Nel 1876 il Manzi utilizzò le fotografie topografiche per disegnare la carta topografica alla scal a 1:10.000 di un ghiacciaio del Moncenisio.
I primi risultati pratici furono ottenuti da Pio Paganini, che fece costruire un apparecchio fotografico munito di teodolite, con il quale eseguì il rilevamento della tavoletta delle Cave Marmifere di Colonnata e della tavoletta della Serra dell'Argenteria. Nel 1880, l'I.G.M. dette l'avvio sistematico al rilevamento fotogrammetrico da terra.
Fu molto importante Attilio Ranza, che fotografò Roma da un pallone frenato e si servì dei fotogrammi per realizzare delle planimetrie; eseguì delle fotografie stereoscopiche del Foro Romano e del Palatino, utilizzando due macchine fotografiche poste alla distanza di 5m su un pallone frenato.
Il problema dell'instabilità fu in parte risolto da Cesare Tardivo, che utilizzò un pallone più stabile, mentre l'esigenza di scattare fotografie sulla verticale esatta del luogo da riprendere fu soddisfatta dalla possibilità di comandare da terra l'apertura dell'otturatore al momento opportuno. Dopo la prima guerra mondiale, il progresso dell'aviazione e quello della fotografia ebbero ripercussioni anche sull'aerofotogrammetria. Le moderne macchine possono essere sistemate sull'aereo, con l'asse della camera oscura vicino alla verticale (macchine nadirali) o obliquo (macchine panoramiche); le macchine vengono collocate sull'aereo in modo da effettuare fotografie in serie con un unico dispositivo di manovra automatico. Il volo sul territorio da rilevare dev'essere effettuato sempre alla stessa quota; le fotografie vengono scattate in modo che un fotogramma abbia con il seguente un valore percentuale comune e variabile; in genere si sceglie il valore 0,2, la percentuale minore, per evitare lacune nella continuità di ripresa nel caso di un forte dislivello di quota del territorio; il valore0,6 consente la stereoscopia della strisciata anche in regioni montuose; con il valore 0,8 è possibile ottenere due strisciate indipendenti nelle condizioni di ricoprimento 0,6 eseguendo un solo volo. La macchina dev'essere ben fissata all'aereo, ma non dev'essere disturbata dalla deriva, dovuta a venti spiranti in direzione diversa da quella dell'asse della fusoliera, e dev'essere libera di ruotare sul piano orizzontale esattamente dell'angolo corrispondente a quello della deriva. 
La scala del fotogramma è data dal rapporto tra la distanza principale e la quota del volo; ovvero tra il lato del fotogramma e la corrispondente distanza sul terreno. Ciò è vero solo nel caso ideale di un terreno piatto ed orizzontale e di una fotocamera nadirale. Per territori non eccessivamente movimentati e abitati, possono essere giudicati attendibili. Il territorio viene ricoperto da una serie di strisciate parallele, che devono avere un ricoprimento trasversale del valore di 0,2 o 0,3. Uno dei problemi più importanti è quello dell'orientamento dei fotogrammi. Per la cartografia a grande scala l'orientamento avviene con la determinazione a terra di tre o quattro punti di appoggio. Per la cartografia a media e piccola scala si preferisce ricorrere alla triangolazione aerea (si esegue con in concatenamento di un fotogramma al precedente nel restitutore, cioè l'apparecchio che permette di disegnare i punti e le linee del terreno, rispettando l'immagine tridimensionale) e ai blocchi di strisciate.
Una fotografia scattata da un aereo o da un satellite può essere letta o interpretata. La semplice lettura della fotografia si limita al riconoscimento degli oggetti fotografati con opportune chiavi di lettura; consente per la non usuale prospettiva di cogliere particolari non osservabili dal piano di campagna, particolari associati ad altri poco o per niente visibili, la disposizione d'insieme e le differenze di tonalità di colore. Le informazioni raccolte con la semplice lettura della fotografia possono essere analizzate e interpretate secondo i metodi della fotointerpretazione: la fotografia diventa una fonte di documentazione del paesaggio, che dev'essere messa a confronto con tutta una serie di altre fonti, come letterarie, cartogafiche, statistiche.. Oggi, con la nuova tecnologia, è più facile la ricognizione: con la sensibilizzazione del materiale fotografico verso determinate lunghezze d'onda della luce, possono essere riconosciuti e definiti alcuni oggetti rispetto ad altri. La fotografia da interpretare non viene più letta ad occhio, ma, ad esempio, con il microdensitometro, o con il processo ad equidensità colorata; su una fotografia è frequent che reticoli vari possono confondersi: pertanto è necessario eseguire un filtraggio laser, che elimina alcuni particolari omoenei, per farne risaltare altri. 

Tratto da CARTOGRAFIA E TERRITORIO NEI SECOLI di Elisabetta Pintus
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