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Aumento di tensioni in terapia familiare

Aumento di tensioni in terapia familiare


Le famiglie che iniziano una terapia, di solito, hanno sviluppato dei modelli transazionali disfunzionali per affrontare le tensioni. Il paziente designato è al centro di tali modelli. La famiglia è di frequente bloccata e incapace di sperimentare modalità di rapporto alternative. Il terapista che si associa alla famiglia nel sistema terapeutico deve esplorare ogni comportamento alternativo che l’organizzazione familiare possa permettere. Deve sperimentare e sondare sia la flessibilità del sistema familiare, sia le sue capacità di ristrutturarsi e crescere con il suo aiuto. L’abilità del terapista di produrre tensioni in parti diverse del sistema familiare daranno a lui, e talvolta anche agli stessi membri della famiglia, il sentore che essa ha la capacità di ristrutturarsi, se le circostanze cambiano.    

Blocco dei modelli transazionali
La manovra più semplice che un terapista può usare per produrre tensione è arginare il flusso di comunicazione lungo i canali abituali.   

Sottolineare le differenze
Un terapista può produrre tensione evidenziando  le differenze che la famiglia non vede. E’ in sintonia con i modi  in cui i componenti della famiglia qualificano le asserzioni dell’uno o dell’altro. Può ascoltare l’opinione di uno su un certo argomento e poi chiedere a un altro che ne pensa, oppure chiedere di discuterne.   

Esplicitare i conflitti impliciti
I metodi usati da una famiglia per espandere i conflitti, operano velocemente e in modo automatico. Il terapista costringe la coppia a mettersi in contatto se ad esempio il marito usa l’autodenigrazione per evitare il contatto e quindi il conflitto con la moglie; oppure lavora per distruggere i meccanismi disfunzionali rivolti a sviare il conflitto, bloccando l’interferenza del figlio nelle triadi rigide.   

Tratto da FAMIGLIE E TERAPIA DELLA FAMIGLIA di Antonino Cascione
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