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Sicurezza e Ordine Internazionale

Nella costruzione di scenari futuri è necessario considerare 2 variabili:
1. qualità dei processi attuali e futuri = in futuro, la probabilità di una guerra sarà maggiore o minore rispetto ad oggi?
2. tipo di futuro: 2 sono i possibili modelli:
continuità del sistema attuale  mantenere una visione statocentrica, in cui l’uso della forza rimane uno dei problemi centrali
trasformazione del sistema attuale  subentrano nuovi attori, che perseguono soprattutto interessi immateriali
In base a queste 2 variabili, sono stati sviluppati 4 modelli:
PESSIMISTI
CONTINUITÀ - (1) Mearsheimer Kagan / TRASFORMAZIONE - (2) Huntington

OTTIMISTI
CONTINUITÀ - (3) Ikenberry / TRASFORMAZIONE - (4) Fukuyama

(1) prospettiva di un peggioramento a seguito della fine della Guerra Fredda:
Nel suo saggio, Robert Kagan sostiene che è ora di smettere di credere che europei ed americani condividano una stessa visione del mondo o che abbiano uno stesso ruolo nelle relazioni internazionali. In realtà,
gli europei stanno volgendo lo sguardo verso un mondo regolato da leggi e caratterizzato dalla cooperazione e da accordi transnazionali; essi preferiscono rispondere pacificamente ai problemi,attraverso negoziati, diplomazia e persuasione, mentre
gli americani continuano ad esercitare il loro potere nell’anarchia hobbesiana del mondo, un mondo nel quale il diritto internazionale è poco affidabile; essi, inoltre, tendono a preferire le azioni unilaterali all’azione entro i limiti di istituzioni quali l’ONU

Si tende a dire che gli americani vengono da Marte, mentre gli europei da Venere
In realtà, la debolezza militare europea esiste da un bel po’, anche se solo recentemente è venuta a galla. Infatti, durante la Guerra Fredda, l’Europa è stata per così dire oscurata dalle 2 superpotenze contrapposte e il suo unico ruolo era quello di difendere il suo territorio dall’offensiva sovietica.
Con la fine della Guerra Fredda l’Europa rimase comunque al centro delle discussioni mondiali, dal momento che si parlò dell’allargamento della Nato con i paesi ex-membri dell’ormai decaduto Patto di Varsavia. Si configurò la prospettiva di una superpotenza europea, non solo economicamente e politicamente, ma anche militarmente  si sperava che ciò avesse permesso il ritorno del multipolarismo mondiale.
Tuttavia, gli eventi degli anni ’90, soprattutto nell’area balcanica, dimostrarono quanto fosse infondata una simile pretesa: l’Europa non era destinata a rafforzarsi, ma ad indebolirsi.
Dall’altra parte dell’Atlantico, la fine della Guerra Fredda ebbe un esito senza precedenti: caduto l’impero sovietico, infatti, gli Usa divennero la più grande potenza mondiale, con un enorme differenziale di potere in più rispetto a qualsiasi altro paese  avevano in pratica la possibilità di intervenire dovunque, in qualunque momento e per qualsiasi motivo.
La forza militare americana ha prodotto una forte tendenza a preferire proprio tale mezzo nelle crisi mondiali, mentre la debolezza militare europea si è tradotta in una certa avversione all’uso della forza, preferendo il dominio del diritto internazionale, il divieto di azioni unilaterali e il riconoscimento di uguali diritti e doveri a tutti gli stati.
In realtà, Kagan sostiene che l’Europa tiene questo atteggiamento perché teme l’unilateralismo americano: si teme, insomma, che in un mondo anarchico, l’Europa diventi sempre più vulnerabile al potere americano. Ecco perché negli ultimi anni, gli europei hanno posto come principale obiettivo della loro politica estera la “multilateralizzazione” della potenza americana. Anche gli americani condividono questa aspirazione, ma questi comuni ideali non possono cancellare le 2 diverse visioni che europei ed americani hanno del mondo  gli europei criticano l’unilateralismo perché loro stessi non sono in grado di crearlo, mentre per gli americani il diritto internazionale è una questione di ideali.
La diversa percezione della minaccia tra Usa ed Europa non è una semplice questione psicologica, ma è un ulteriore prodotto della disparità di potere: gli “stati canaglia” non mettono sullo stesso piano Europa e Usa, dal momento che per loro sono gli Stati Uniti il principale avversario alla loro espansione.

È comunque importante notare che questo atteggiamento “diplomatico” dell’Europa è un fatto nuovo: la nuova cultura strategia rappresenta, in un certo senso, un rifiuto del proprio passato. Questo passaggio dal vecchio al nuovo “mondo” iniziò proprio durante la Guerra Fredda, quando avvenne il “miracolo” dell’integrazione, basato sul rifiuto del potere militare → la diffusione di questo “miracolo europeo” al resto del mondo è divenuta la nuova missione civilizzatrice degli europei. Ecco che si arriva così al principale motivo di divergenza dei punti di vista europeo ed americano: il potere americano e la tendenza ad usarlo spesso e spesso unilateralmente rappresentano una minaccia (forse la principale) a questo senso missionario.

Secondo alcuni, la trasformazione dell’Europa in una superpotenza mondiale in grado di controbilanciare gli Usa era molto probabilmente uno degli obiettivi primari della costituzione dell’Unione Europea. Secondo Kagan, però, è un’ipotesi errata, dal momento che proprio l’integrazione europea avvenne nella piena rinuncia del potere miliare.
Questo fenomeno è avvenuto anche grazie alla politica americana del secondo dopoguerra. Fu proprio per aiutare l’Europa, così si sostiene, che gli americani hanno creato la Nato: la presenza di forze americane avrebbe garantito all’Europa la stabilità e la protezione necessarie per la sua integrazione.

Si può concludere che gli americani non saranno mai animati fortemente dai principi di soft power tanto quanto gli europei, per il semplice fatto che la storia dei 2 paesi ha avuto sviluppi completamente differenti: gli americani credono in quegli ideali, ma al tempo stesso sono convinti della necessità dell’uso della forza in un mondo non perfetto.
Il problema resta il fatto che gli americani potrebbero comportarsi secondo regole hobbesiane che potrebbero violare le norme kantiane degli europei

Il maggiore rischio per il futuro è che Europa e Stati Uniti diventino estranei tra loro, un rischio che, per coloro che hanno vissuto la Guerra Fredda, appare molto spaventoso.

Con il suo articolo Back to the future, J. Mearsheimer si propone di fornire una valutazione della visione ottimistica del dopo-Guerra Fredda.
Secondo Mearsheimer, l’allontanamento delle 2 superpotenze rivali dall’Europa centrale trasformerà il sistema bipolare europeo in uno multipolare sarà potenzialmente più instabile.





Il periodo della Guerra Fredda ha rappresentato il più lungo periodo di pace nella storia europea, in pieno contrasto con la situazione politica europea dei primi 45 anni del ‘900 in cui ci sono state 2 guerre mondiali, alcuni conflitti minori e un certo numero di crisi che stavano per far scoppiare la guerra.
Le 2 principali disposizioni di potere possibili tra stati sono:
bipolarismo: è più pacifico per 3 motivi fondamentali:
1. il numero di coppie conflittuali è inferiore
2. la deterrenza risulta facilitata perché gli squilibri di potere sono minori e più facilmente evitabili: è più probabile che la deterrenza funzioni quando i costi e i rischi di un’entrata in guerra sono molto alti e anche quando la conquista si presenta difficile
3. gli errori eventuali circa la potenza relativa e i propositi degli avversari risultano minori e meno probabili. Nei primi 15 anni di Guerra Fredda, le norme di comportamento non erano ancora state stabilite esattamente, il che portò a diverse gravi crisi internazionali. Tuttavia, col passare del tempo, ognuna delle parti comprese bene fino a che punto avrebbe potuto provocare l’altra e che cosa l’altra non avrebbe assolutamente tollerato.
multipolarismo: 
1. esistono molte situazioni virtualmente conflittuali: le coppie che si combattono sono numerose e potenzialmente litigiose
2. quando ci sono molti poli, è più difficile esercitare la deterrenza perché gli squilibri di potere sono un fatto ordinario e in questi casi i forti non possono essere scoraggiati facilmente sia perché la situazione geografica può talvolta impedire che gli stati che fungono da equilibratori riescano a esercitare pressioni su un potenziale aggressore, sia perché chi si propone di fare da equilibratore deve superare ardui problemi di coordinamento

Il sistema bipolare si dimostra superiore a quello multipolari.
La pace del dopoguerra scaturisce da 3 principali motivi:
1. bipolarismo della distribuzione di potere nel continente (= la situazione degli stati rispetto ad una possibile aggressione): i regimi bipolari cercano di più l’eguaglianza perché gli stati sono obbligati a trovare l’equilibrio con strategie di politica interna, strategie più efficienti rispetto a quelle di politica estera
2. approssimativa equivalenza della forza militare tra le 2 superpotenze: nel bipolarismo l’eguaglianza generale dipende semplicemente dall’equilibrio di forze tra i 2 poli; nel multipolarismo, invece, il fulcro si situa nell’equilibrio di potere tra i 2 stati-guida del sistema, ma contano molto anche i rapporti di potere trasversali tra le altre potenziali coppie in conflitto
3. la comparsa delle armi nucleari: le armi nucleari giovano alla pace. Si tratta, infatti, di armi capaci di provocare distruzioni di massa e orrende devastazioni; inoltre, se gli arsenali nucleari di entrambe le parti hanno la cosiddetta capacità distruttiva reciproca, essi rendono più difficile la conquista, oltre a spingere ulteriormente le relazioni reciproche verso l’uguaglianza. I politici di entrambe le coalizioni sono sempre stati molto cauti con le armi nucleari → non ci fu nessun caso di minaccia nucleare in un momento di crisi, né nessuno ha mai pensato di avvalersi dell’opzione atomica per risolvere importanti problemi politici.

Un altro elemento che può minare la pace è la presenza dell’ipernazionalismo. Si definisce il nazionalismo = una serie di convinzioni politiche secondo le quali una nazione dovrebbe avere un proprio stato. Spesso, però, tale nazionalismo “benevolo” si trasforma in un “cattivo” ipernazionalismo = la convinzione che le altre nazioni o stati-nazioni siano inferiori o minacciosi e debbano, quindi, essere trattati con durezza e scortesia. L’ipernazionalismo si sviluppa soprattutto nei regimi militari che devono fare affidamento su eserciti di massa  lo stato sfrutta le istanze nazionaliste per mobilitare la cittadinanza a sostenere i sacrifici necessari al mantenimento di un esercito numeroso e in servizio permanente.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il nazionalismo in Europa ha conosciuto un rapido declino, per vari motivi:
le forze di occupazione si sono attivate per attenuarlo
gli stati europei, non più responsabili della propria sicurezza, non avevano più l’incentivo per alimentare l’ipernazionalismo allo scopo di ottenere l’appoggio popolare per la difesa nazionale
il centro politico europea si è spostato verso gli USA e verso l’URSS, 2 stati che non hanno mai evidenziato un nazionalismo virulento come quello sviluppatosi precedentemente in Europa, né hanno mai nutrito sentimenti ipernazionalistici durante la Guerra Fredda.

Secondo Mearsheimer, i dati storici dimostrano che la pace è scoppiata proprio nel momento in cui si è instaurato un bipolarismo equo e sono apparse le armi atomiche, il che conferma la validità delle teorie sul bipolarismo, sull’equilibrio e sul nuclearismo come fattori concatenati per la lunga pace. Gli stessi dati, dunque, dimostrano che gli eventi che hanno portato alle 2 guerre mondiali illustrano ampiamente i rischi di un mondo multipolare e dove i mezzi di deterrenza sono quelli convenzionali → i capi tedeschi credevano in una vittoria facile e a buon mercato e questa loro fiducia bastò per ignorare le azioni di deterrenza e dichiarare aperta la guerra. Secondo Mearsheimer, se ci fossero state le armi nucleari, queste convinzioni non avrebbero avuto corso così facilmente e non ci sarebbero state le condizioni di base che hanno permesso i 2 conflitti.
Dopo il 1945, dunque, gli stati europei passarono bruscamente da un sistema multipolare a uno bipolare grazie a 3 fattori:
1. la quasi completa distruzione della potenza tedesca
2. la crescita della potenza sovietica
3. l’impegno americano a rimanere sul continente

Mearsheimer delinea poi 4 scenari possibili dopo la Guerra Fredda:
1. un’Europa senza armi nucleari (-): secondo Mearsheimer, un’Europa senza atomica diventerebbe un luogo pericolosissimo: si perderebbero gli effetti pacificanti delle armi nucleari e la pace dipenderebbe allora da altri fattori, quali il numero dei poli e la distribuzione di potere al loro interno → la ripartizione delle forze in Europa assomiglierebbe molto a quella tra le 2 guerre mondiali e potrebbe benissimo produrre risultati simili.
Sembra comunque molto improbabile che l’Europa venga effettivamente denuclearizzata e ciò nonostante i forti sentimenti antinucleari.
2. il mantenimento dell’attuale modello: secondo Mearsheimer, un ordine più plausibile per il futuro dell’Europa prevede il mantenimento da parte di Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica delle loro armi nucleari, senza che emergano nuove potenze atomiche sul continente  si avrebbe una zona libera dal nucleare in Europa centrale e una zone provvista di armi atomiche ai lati estremi.
Il mantenimento delle armi nucleari in Europa provocherà effetti pacificanti; tuttavia, sorgeranno alcuni problemi:
la cautela e la sicurezza generate dalle armi nucleari sarebbero sconosciute nella vasta zona del centro Europa
si instaurerebbero probabilmente rapporti asimmetrici fra potenze, con tutti i rischi derivanti da tali asimmetrie
dati il carattere multipolare del sistema e l’assenza di armi atomiche in gran parte di esso, sorgerebbero problemi relativi a errori di valutazione
gli stati dell’Europa centrale dotati di armamenti convenzionali farebbero dipendere la loro sicurezza da eserciti di massa, formando un incentivo a inoculare un pericoloso nazionalismo all’interno delle loro società
Anche questa ipotesi appare improbabile, in quanto gli stati sprovvisti di ordigni nucleari avranno buoni motivi per dotarsene.
3. la proliferazione nucleare mal gestita: potrebbe provocare dei disastri, e in questo caso sorgeranno 4 pericoli:
il processo di proliferazione in sé potrebbe spingere le potenze nucleari esistenti a usare la forza per impedire che gli stati confinanti non ancora dotati di armi atomiche le possano costruire
dopo cha la proliferazione è completate, è comunque possibile che tra le nuove potenze atomiche non si instauri una competitività nucleare stabile  aumenterebbero gli incentivi a colpire per primi
potrebbe farsi strada l’idea secondo cui nell’Europa uscita dalla Guerra Fredda ci si può lasciare andare a un conflitto nucleare limitato, e che tali conflitti atomici possono essere combattuti e vinti → in stati che non hanno avuto molta esperienza diretta della rivoluzione nucleare queste affermazioni potrebbero anche essere prese sul serio
la proliferazione generalizzata accrescerebbe le probabilità che un conflitto atomico scoppi per caso, per un uso non autorizzato, per mano di terroristi o per decisioni prese in maniera irrazionale
4. la proliferazione nucleare gestita bene (+): potrebbe garantire un ordine altrettanto stabile come quello durante la Guerra Fredda. Tuttavia, anche se la proliferazione fosse gestita al meglio, rimarrebbero comunque dei grossi pericoli: infatti, se tutte le maggiori potenze europee possedessero armi atomiche, continuerebbero a lottare per raggiungere posizioni di influenza sulle potenze minori e sarebbero quindi attirate in conflitti secondari.

Da questa analisi derivano 3 prescrizioni a proposito della linea di condotta politica:
1. gli USA dovrebbero incoraggiare in Europa la proliferazione limitata e ben gestita delle armi nucleari
2. sia USA che Gran Bretagna dovrebbero mantenere lo schieramento di forze militari sul continente per dissuadere quegli stati che minacciano di ingaggiare una guerra. Inoltre sarà importante che gli USA riconoscano la capacità sovietica di equilibrare il sistema e decidano di cooperare con il vecchio nemico per il mantenimento dello status quo
3. si dovrebbe fare uno sforzo comune per tenere a bada l’ipernazionalismo, specialmente in Europa orientale.

Mearsheimer espone anche 3 teorie alternative, ognuna delle quali, però, a suo avviso, ha dei punti deboli:
1. teoria dell’obsolescenza della guerra: nel XX secolo la moderna guerra convenzionale è ormai divenuta talmente micidiale che non è più possibile immaginarla come mezzo adeguato per soddisfare le esigenze o gli obiettivi nazionali
DEBOLEZZA: il solo fatto che è esistita una Seconda Guerra Mondiale getta seri dubbi sulla validità di questa teoria: infatti, se gli europei si fossero convinti a rinunciare a conflitti internazionali, lo avrebbero fatto dopo la Prima Guerra Mondiale, viste le ingenti perdite umane
2. liberalismo economico: gli stati moderni sono motivati principalmente dal desiderio di raggiungere la prosperità ed i responsabili politici nazionali collocano il benessere materiale dei cittadini al di sopra di qualsiasi altra considerazione, compresa la sicurezza nazionale. Un simile ordine contribuisce a smorzare i conflitti e favorisce la collaborazione politica in 3 modi:
arricchisce gli stati  gli stati ricchi sono economicamente più soddisfatti e più pacifici
un sistema economico liberista favorisce l’interdipendenza economica fra gli stati  vengono meno le tentazioni di imbrogliare o di comportarsi aggressivamente nei confronti degli altri stati, perché tutti avrebbero la possibilità di vendicarsi
secondo alcuni teorici, i regimi internazionali diventeranno tanto potenti che si doteranno di vita autonoma, portando alla creazione di un superstato
DEBOLEZZA: il difetto principale risiede nell’inesattezza della premessa di base e la ragione sta nel fatto che il sistema politico internazionale è anarchico  ogni stato deve sempre occuparsi di assicurare la propria sopravvivenza.
Inoltre, quando la sicurezza è dubbia, gli stati pensano a ottenere vantaggi più relativi che assoluti  verrà rifiutata anche una cooperazione economica che dia vantaggi assoluti se la controparte venisse a guadagnare di più dall’incremento economico, nel timore che possa convertire il vantaggio ottenuto in primato militare che le permetterebbe di usare la forza in occasioni successive
Secondo Mearsheimer, la correlazione esistente fra pace e interdipendenza economica non significa che quest’ultima abbia necessariamente causato la cooperazione tra le democrazie occidentali.
3. teoria delle democrazie amanti della pace: la presenza delle democrazie liberali contribuisce a rafforzare la stabilità.
NB: non si afferma che le democrazie entrano in guerra meno frequentemente degli stati autoritari, ma che le democrazie non si fanno guerra tra loro.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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