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Immagine-cristallo in Ophuls, Visconti, Welles e Renoir



L’immagine-cristallo non si costituisce più nel “piano” e nelle sue articolazioni, ma nella “scena”, in cui si ha l’indistinzione tra oggetto e immagine (distinti nel piano in base ai diversi punti di vista) e tra oggetto e osservatore; il cristallo può essere perfetto (Ophüls), incrinato (Renoir), in formazione (Fellini) o in decomposizione (Visconti); il cristallo perfetto è quello che meglio incarna la scena, con una dimensione intermedia tra teatralità e vita, come in "La ronde" di Ophüls in cui realtà e artificio si saldano senza soluzione di continuità; il cristallo incrinato è quello che ha un punto di fuga, una rottura della fusione realtà – artificio, rottura incarnata dalla profondità di campo in cui si rilancia il gioco e se ne incrina la perfezione, come in "La regola del gioco"; il cristallo in formazione è espresso dal cinema di Fellini, con la messa in evidenza dell’artificialità del set ("E la nave va", con il mare finto in cui affonda la nave) e della vita come spettacolo; il cristallo in decomposizione mostra la purezza della scena, in reciprocità con la vita, contaminata da un “cupio dissolvi”, una spinta autodistruttiva ma anche distruttiva da parte delle classi emergenti, come nel "Gattopardo" in cui i tempi nuovi premono su una realtà chiusa.
La scena supera la distinzione soggetto – oggetto, ed occorre distinguere “cristallino” e “organico” in riferimento a descrizione, narrazione e racconto; la descrizione organica distingue soggetto ed oggetto, quella cristallina costituisce in sé il proprio soggetto, e si contrappongono cinema “dell’attante” e “del veggente”, caratterizzati rispettivamente da piano e scena; la narrazione è organica se pretende di parlare del vero, distinguendolo dalla “rêverie”, cristallina se attinge alle potenze del falso ("F for Fake" di Welles), negando il principio d’identità; il racconto organico è quello classico, quello cristallino è incarnato dalla soggettiva libera indiretta e dalla commistione di ruoli tra regista e protagonista.
Il cinema-cervello è rappresentato da "Mon oncle d’Amerique" di Resnais e da "2001: Odissea nello spazio" di Kubrick, contrapposti al cinema-corpo che unisce i tempi del quotidiano e del cerimoniale.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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