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Associarsi in alleanza o coalizione


Il terapista può produrre tensione, associandosi temporaneamente a un membro della famiglia o a un sottosistema. Ciò richiede una pianificazione accurata e la capacità di disimpegnarsi in modo che il terapista non sia risucchiato nelle lotte familiari. Può associarsi a diversi componenti della famiglia uno dopo l’altro, distribuendo equamente i suoi favori e provocando successive tensioni in diverse parti del sistema familiare.    
Il terapista deve anche sapere quando e come associarsi a un componente della famiglia per un periodo più lungo (4-5 sedute). Questo approccio è particolarmente necessario con famiglie che negano rigidamente o evitano  il conflitto, e con famiglie che rifiutano insistentemente l’idea che la famiglia nel suo complesso è un problema. Quando il terapista si associa a un membro della famiglia deve essere acutamente conscio dei limiti di tenuta del suo alleato e anche di quelli degli altri. Corre il forte rischio di alienare quella persona e l’intera famiglia. E’ importante dare un certo sostegno anche alla persona che è bersagliata anche quando la si sta attaccando. Se il terapista lavora con un coterapista egli può sostenere il bersagliato.    
Quando una particolare sequenza ha fine o perché l’obiettivo è stato raggiunto  o perché si sono raggiunti i limiti di sopportazione, il terapista deve cambiare la sua posizione e coalizzarsi con quella persona che in precedenza era stata il bersaglio.    
Rischio: il membro della famiglia che subisce l’attacco, può contrattaccare non il terapista, ma il componente della famiglia con cui è alleato.    
Il fine ultimo del terapista è che tutta la famiglia migliori e se ne renda conto. Se si coalizza contro alcuni, costoro devono rendersi conto che è solo uno stadio transitorio e soprattutto che egli è alleato con tutta la famiglia  nel sistema terapeutico.

Tratto da FAMIGLIE E TERAPIA DELLA FAMIGLIA di Antonino Cascione
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