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Socrate e la filosofia dell'ironia


Con Socrate l'ironia fa il suo ingresso nel mondo della filosofia, ma essa è però già nota ai greci ancor prima di lui e l'etimologia della parola eironeia assomma la radice interrogare, dire con il significato ulteriore di intrecciare, legare, anche esso riferito alla radice eiro. I due significati, composti, rendono il senso della complessità dell'ironia e, in particolare, di quella socratica: interroga, intreccia e lega il proprio pensiero a quello altrui. Nel suo dire appare evidente una qualità che rende l'ironia una virtù: la capacità di presupporre già il proprio superamento. La frase è ironica proprio perché avvia il sorpasso del pensiero. Nell'ironia socratica appaiono anche altre qualità filosofiche che la compongono come virtù: la benevolenza nei confronti di colui sul quale si esercita e il suo essere essenzialmente strumento di cura, poiché assume un volto autenticamente filosofico nel momento in cui viene praticata col pieno consenso di chi la subisce. Questa virtù assume in sé qualità di altre virtù, il pensiero della parzialità, l'umiltà e ci consente di comporle insieme e ritrovare in questo modo, per tutte e per ciascuna, ulteriori significati e valore.
L'ironia ritrova la leggerezza, che non esclude il sapere e non lo dimentica, ma su di esso accende altri possibili percorsi e aiuta a riconoscere la possibile libertà da presunzione, intransigenza, pesantezza.

Tratto da NUOVE VIRTÙ di Anna Bosetti
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