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Epstein, Metz e la questione del linguaggio cinemaotgrafico



Epstein parla del cinema come di una lingua universale; l’uso empirico della questione di linguaggio porta la confusione tra i livelli di linguaggio, grammaticali e stilistici: è questa la conclusione principale che si può trarre del discorso fatto finora. La maggior parte dei trattati dedicati al linguaggio cinematografico sono in realtà repertori di figure dominanti di un tipo di scrittura filmica proprio di un epoca; fino a Mitry si è cercato di mettere a confronto i termini mezzo di espressione e linguaggio, e a volte lingua a proposito del film, ma senza mai fare direttamente appello allo studio della lingua stessa, vale a dire alla linguistica.
Per Metz, il cinema viene posto come un linguaggio, ma subito studiato grammaticalmente come una lingua; ispirandosi alla tripartizione su cui si fonda la linguistica saussuriana (il linguaggio come somma delle langue e delle parole), egli si appresta a precisare lo statuto del linguaggio cinematografico, contrapponendolo ai tratti che caratterizzano la lingua: è un tentativo di chiarificazione negativa che esplicita tutto ciò che il linguaggio cinematografico non è.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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