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Lo Statuto dei lavoratori


La richiesta di uno "Statuto dei lavoratori nelle aziende" era stata avanzata da Di  Vittorio nel '52 durante il congresso della CGIL e in un contesto politico e di RR.II in cui tale richiesta non poteva che cadere nel vuoto.
Il tema tema tornò di attualità nel corso degli. Anni '60 ma la avversità della CONFINDUSTRIA e la divisione sul tema delle Confederazioni, costituivano un ostacolo al varo per via legislativa dello Statuto.

Una delle questioni fondamentali che lo Statuto avrebbe dovuto affrontare, ossia quella dei licenziamenti  individuali, trovò una prima soluzione nell'accordo interconfederale dell'aprile '65 che fu recepito dalla legge approvata nel luglio '66.
Tale norma prevedeva: licenziamento per giusta causa (necessità tecniche, organizzative e produttive dell'azienda) nelle aziende con più di 35 dipendenti; la nullità dei licenziamenti contrastanti con le libertà costituzionali; la possibilità per l'imprenditore, in caso di licenziamento illegittimo, di optare per il reintegro del lavoratore o per il pagamento di una indennità di licenziamento. Quest'ultimo punto costituiva l'elemento di debolezza di questa legge dato che essa affermava un limite, ma al contempo ne autorizzava  la deroga riconoscendo al datore di lavoro, la possibilità di operare, sia pure a titolo oneroso, il licenziamento indiscriminato del lavoratore.

L'autunno caldo accelerò l'iter del disegno di legge concepito da Giugni, Donat Cattin e  Brodolini.  La legge 20 maggio 1970 n.300, nota come “Statuto dei Lavoratori”, i presentava come un articolato normativo che affrontava due categorie di questioni. La prima aveva carattere garantista verso il lavoratore dentro e fuori dell'ambiente di lavoro: impediva le pratiche inquisitorie; impediva accertamenti d'ordine privato e personale; limitava il potere disciplinare.
La seconda categoria di questioni riguardava i diritti sindacali. I diritti tutelati erano quelli di costituzione e di adesione ad organismi di rappresentanza sindacale; di svolgere assemblee nel luogo di lavoro; quelli relativi alla costituzione delle rappresentanze sindacali. Inoltre veniva vietata la promozione da parte degli imprenditori di sindacati di comodo (sindacati gialli).
Va ricordato che una disposizione dello Statuto suscitò non poche polemiche. L'art. 19, infatti, conferiva una maggiore  protezione alle rappresentanze interne alle aziende che fossero collegate alle Confederazioni “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”: il sindacato superata la crisi di legittimazione in azienda, tentava di consolidare la propria presenza anche sul piano legislativo.


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