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Il modello di Storlorow


Il concetto di processo simmetrico sembra possedere qualche affinità con le teorizzazioni di Stolorow e coll. riguardo al contesto intersoggettivo nel quale a loro avviso si determinano i processi psichici e psicopatologici. Un modello di comprensione e di trattamento dei disturbi psicotici è basato sui seguenti punti:
1. la strutturazione del senso di Sé prevede l’esistenza di una convinzione solida sulla validità di una propria esperienza soggettiva. Queste convinzioni si consolidano grazie alla risonanza offerta dall’ambiente del bambino che convalida le sue percezioni e reazioni emotive;
2. una persona affetta da vulnerabilità strutturale più facilmente si troverà in una situazione stressante che susciterà a sua volta una forte reazione emotiva ed un bisogno urgente di risposta da parte di un soggetto che convalidi la realtà soggettiva dell’esperienza;
3. in un tentativo disperato di conservare la sua integrità psichica, lo psicotico elabora delle idee deliranti che concretizzano simbolicamente l’esperienza da cui la realtà soggettiva ha iniziato a fondarsi. Le immagini deliranti servono a drammatizzare e a verificare la realtà psichica messa in pericolo dandone una forma materiale che restaura la convinzione crescente nella sua validità. Così un terrore senza nome si trasforma in una visione persecutoria chiara e tangibile, le intrusioni nocive divengono cibo avvelenato, l’incredulità muta in voci beffarde.
Il terapeuta deve cogliere la verità soggettiva simbolicamente contenuta nelle idee deliranti del paziente e comunicare questa sua comprensione in una forma in cui questi la possa utilizzare. Il terapeuta vorrà convincere il paziente dei suoi processi di deformazione della realtà; la lotta che risulterà non ha lo scopo di rendere folle l’altro, ma il tentativo comune di preservare le rispettive realtà psichiche. Solo all’interno di un rapporto di riferimento le vicissitudini di un mondo interno acquistano una leggibilità. L’intervento in equipe deve prevedere una presa in carico della famiglia del paziente per favorire il processo di differenziazione spesso invalidato dal contesto familiare. Seppur esistano delle evidenze oggettive per il coinvolgimento di più operatori in un intervento, questo coinvolgimento corrisponde all’esigenza di far circolare presso altri un’emozione o un gruppo di emozioni dotate di tale potenza o interiorità, che un singolo operatore non è in grado di contenerle dentro di sé.

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