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Regole (setting) del colloquio


Nel nostro lavoro è importante garantire uno spazio che sia in primis fisico ma anche mentale e simbolico. L’ambiente, come si vedrà più sotto, ha in sé aspetti materiali e immateriali a un tempo è quindi sia interno (relazionale)  che esterno (materiale); inoltre è  istituzionale e relazionale: delinea il sistema di riferimento entro cui il rapporto si inscrive. Questo sistema di riferimento può essere legato all’istituzione di appartenenza, come nel caso dei servizi pubblici, oppure definire solamente il mandato professionale. Alcuni autori infatti sostengono che nella relazione di aiuto si è sempre in tre: professionista - cliente - istituzione, intendendo con essa non solo il luogo fisico in cui prende vita il processo ma anche le regole che essa impone come orari di lavoro, stipendio, organizzazione delle risorse umane ecc... regole (setting) che inevitabilmente influenzano la relazione.

A. INCONTRO PRE-FISSATO NELLE MODALITA’ E NEI TEMPI:
un colloquio professionale non avviene mai per caso ma deve essere stabilito prima attraverso una telefonata o un pre incontro. Stabilire fin da subito orari, luogo, e modalità di pagamento attraverso un contratto tra le parti. Il contratto non è scritto ma serve ad entrambe le parti per avere delle regole chiare che fungano da orientamento per facilitare l’incontro. Esso non è sottoponibile a costante cambiamento ma neppure rigido e dato una volta per tutte. Una breve presentazione di sé rappresenterà dunque i primi colloqui; nell’eventualità che il soggetto chieda con insistenza info e chiarimenti c.a. le modalità pratiche dell’incontro il professionista dovrà chiedersi le motivazioni di queste richieste. Forse ancora non si è stabilita una certa fiducia o ci sono sentimenti di ansia che se persistono dovranno essere analizzati. Attraverso la verbalizzazione il conduttore può chiedere sempre con molto tatto le motivazioni di queste domande. Fin dall’inizio chiarire perché si è li e quanto tempo durerà il colloquio. 

B. LA REGOLA DEL LINGUAGGIO: 
usare lo stesso linguaggio della persona ossia settarsi sullo stesso linguaggio per far comprendere all’altro che lo stiamo capendo, ad es. introducendo qualche vocabolo attinente  allo slang giovanile con gli adolescenti, con chi parla dialetto non parlare dialetto ma avere un linguaggio più semplice possibile usando termini di uso comune e quotidiano. In ogni caso evitare i tecnicismi; se noi siamo abituati a sentire questi termini ciò può non essere vero per i clienti. 

C. IL TEMPO: 
Il tempo, dimensione fondamentale del colloquio, ha sia aspetti materiali legati al rispetto dell’orario prefissato in quanto se si arriva in ritardo si sottrae del tempo agli altri clienti mentre il professionista avrà sempre la sensazione di non arrivare e di mancare di attenzione. Per tanto il tempo rappresenta quindi una REGOLA DEL SETTING che ha anche un valore e un senso: non è infinito. Allo stesso modo il colloquio ha un tempo intrinseco: un inizio-una parte centrale-una conclusione e deve essere sempre rispettata sia dal conduttore che dal soggetto questa sequenza, la quale si svolgerà in un 45’ un ora. 

D. LA RECIPROCITA’: 
essere reciproci significa non solo essere empatici ma anche garantire la professionalità nel tempo e nello spazio. La persona che esce dallo studio deve farlo con la sensazione di aver ricevuto almeno quanto ha dato. Ciò si attua operativamente attraverso la restituzione. 

E. LA RESTITUZIONE 
E’ un ingrediente fondamentale del colloquio. Secondo Bion la mamma e il bambino si restituiscono reciprocamente qualcosa rispetto agli elementi alfa e beta del mondo. La mamma prende ciò che il figlio gli trasmette e glielo ridà in modo più comprensibile e accettabile; il mondo dunque viene mediato dalla madre che in questa traduzione degli elementi alfa e beta , viene reso più comprensibile e accettabile. Restituire gli elementi alfa e beta del colloquio significa dunque proprio questo: riformulare con le stesse parole o con parole diverse ma omologhe il senso della conversazione per renderla più comprensibile. Del resto uno degli scopi del colloquio è proprio quello di far prendere coscienza, di raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e del problema e delle risorse esterne ed interne necessario a fronteggiarlo. La restituzione inoltre serve per fare il punto della situazione fino a quel momento sia del colloquio in sé che della relazione: ogni colloquio può infatti chiudersi ma anche aprirsi, ad eccezione del primo, con una riformulazione: oggi abbiamo parlato di…la prossima volta invece affronteremo…lei mi ha detto questo e questo…mi sembra di aver capito che….(riformulo e restituisco). In questo modo non solo si da un senso al colloquio ma anche all’intero processo di aiuto perché si crea un ponte comunicativo tra un incontro e l’altro e questo da una continuità temporale necessaria allo stabilirsi e mantenersi della fiducia reciproca. 

Tratto da PSICOLOGIA DINAMICA di Barbara Reanda
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