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Una questione extra scientifica che poggia sul sentire


Le virtù sono extra scientifiche, riguardano il campo dei valori del soggetto, le sue sensibilità, le sue abilità, le sue doti personali. Così, per raccogliere ed elaborare nel modo più scientifico possibile dei dati umani, l'unico modo per farlo non è scientifico ma più semplicemente relazionale.
Vizi e virtù sono soprattutto sentimento come desiderio, attrazione, propensione, pulsione verso una gamma vasta di piaceri a prima vista nemmeno reputati tali. Gli uni e le altre sono attraversati da motivazioni e tensioni verso quel che crediamo possa sensibilmente farci star meglio di prima. Occorre sfatare subito il pregiudizio che le virtù siano esenti da questa componente cruciale. Si è virtuosi, al prezzo di rinunce gravose o meno, in cambio di una ricompensa immediata o differita. La virtù è tutto tranne che un'elargizione benefica o una ricerca gratuita e disinteressata.
Si persegue con costanza un comportamento virtuoso, si decide, dopo tanti ripetuti tentativi, di trattenersi dinanzi a diletti, fonti di sicuri sensi di colpa, perché se ne scopre il subdolo inganno. Ma, con questo, asserire che persistendo in un comportamento vizioso ci si faccia inevitabilmente del male non risponde del tutto a verità. Anzi, è proprio grazie all'esperienza del vizio che c'è dato sperimentare il nuovo.
Una comune matrice. I sedicenti costumi virtuosi improntati a castità, a onestà, a tranquillità d'animo, a prodigalità, ecc. non sono meno viziosi, quando cristallizzano e fermano l'avventura umana della conoscenza.
Il prefisso al latino delle due parole (vi) indica una comune parentela, incredibile nell'atto del vedere; del cimentarsi con quanto appartiene alla osservabilità.
Vizi e virtù, da sempre, sono qualità che denotano un tratto umano, al singolare o al plurale, in tensione relazionale verso qualcosa o qualcuno. Si è virtuosi per essere apprezzati dagli altri, per sentirsi accettati e glorificati per i propri meriti.
Parimenti, c'è dato espletare alla grande i nostri vizi, quando gli altri divengono oggetto delle depravazioni e ne subiscono i danni. Perfino quando questi non sono immediatamente destinatari di soprusi, vige la massima che “ le colpe dei padri ricadono sugli innocenti e ignari figli”.
Non esisterebbero quindi vizi senza spettatori, complici, mandanti e vittime; sarebbero inimmaginabili le virtù private delle loro indispensabili platee e dei fortunati beneficiari. I così detti vizi per sé (narcisismo, autocompiacimento, egoismo…) e non di meno le analoghe virtù (cura di sé, solitudine, riservatezza…) hanno sempre una ricaduta sociale, sono visibili.

Tratto da NUOVE VIRTÙ di Anna Bosetti
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