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Riforma liturgica del Concilio Vaticano II

RIFORMA LITURGICA: con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha prodotto uno sforzo di rinnovamento giuridico, da un lato l'idea che la procreatica era non un dovere ma una collaborazione al piano creaturale di Dio, dall'altro la convinzione che la scelta reciproca dell'uomo e della donna richiamasse l'offerta irrinunciabile che Cristo fa di se alla Chiesa sino al punto cruciale di dare la vita per essa. Il Concilio Vaticano II pone in maniera più forte ciò che Paolo aveva delineato come un'intuizione teologica immediata e non argomentata: l'unione dell'uomo e della donna è nel matrimonio l'immagine di Cristo e della Chiesa e l'offerta reciproca è un'offerta che rimanda al luogo più alto descritto dai Vangeli. Sottolineando la centralità degli sposi e la necessità di un consenso libero e consapevole delle responsabilità che il matrimonio reca con sé, viene mutata la formula di celebrazione che passa da un “si” ad una formula più ricca ed articolata. In tema di forma il codice del 1983 sembra ripercorrere la struttura della legislazione previgente, apponendo alcune varianti. In primo luogo precisa i termini entro i quali la delega può essere conferita al celebrante, essa deve essere espressa e può rivestire carattere speciale o generale. La prima ipotesi riguarda l'assistenza ad un matrimonio determinato, mentre la seconda avrà ad oggetto la generalità dei matrimoni celebrati entro l'ambito di giurisdizione proprio del delegante, in questo caso la delega deve avere forma scritta. Inoltre il codice del 1983 introduce un'altra novità, ovvero si afferma che la forma ordinaria di celebrazione deve essere osservata se almeno una delle parti contraenti sia battezzata nella chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale. Il consenso non si può celebrare al di fuori della Chiesa.

Tratto da DIRITTO CANONICO di Alexandra Bozzanca
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