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Infant research e developmental psychopatology


E' la ricerca nel campo dello sviluppo infantile orientata da quesiti clinici. Essa ha messo in evidenza che la spinta a creare e mantenere relazioni è centrale per l'uomo, e come tale organizza l'esperienza psicologica. La tendenza innata a ricercare relazioni diadiche ed a raggiungere una reciprocità relazionale costituisce indubbiamente una motivazione al pari della ricerca di cibo, della gratificazione libidica o della riduzione della tensione.
Evidenze consistenti confermano l'ipotesi che gli infanti siano in grado di costruire modelli mentali relativamente a se stessi ed al mondo con cui sono in rapporto, ed allo stesso tempo siano in grado di sperimentare uno stato personale di disagio quando si verifichi una discordanza fra la realtà ed i propri modelli mentali.
Altro risultato di questo filone di ricerche, riguarda il fatto che nello sviluppo normale l'esperienza di efficacia personale e di coerenza esperienziale è strettamente correlata con gli scambi relazionali, in quanto gli infanti apprendono, non solo a segnalare il proprio disagio, ma anche a suscitare risposte sintomatiche nell'adulto che si occupa di loro: una risposta appropriata dell'adulto trasforma uno stato interno di tensione e di impotenza del bambino in soddisfazione, coerenza ed efficacia personale. Sequenze transazionali del genere intervengono anche nella costruzione di rappresentazioni mentali che contribuiscono allo stabilizzarsi delle rappresentazioni delle interazioni generalizzate (IRG): queste ultime costituiscono la matrice della personalità, ossia un'organizzazione psicologica sottostante ai pattern specifici individuali di percezione, sperimentazione, adattamento e stile relazionale.
Conseguenza diretta di ciò è che bambini con attaccamento sicuro possono sviluppare capacità di mentalizzazione in base alle quali leggere meglio la mente delle altre persone, comprendere i sentimenti degli altri, comportandosi più adeguatamente.
Data la strutturazione precoce del mondo psichico, si può senz'altro ipotizzare che possano svilupparsi, fin dai primi anni di vita, disturbi di personalità caratterizzati da pattern distorti nell'organizzazione dell'esperienza personale, nei meccanismi adattativi e nell'area della relazionalità. Caratteristiche comuni dei disturbi di personalità sarebbero: l'estrema rigidità dei modelli rappresentazionali interni; l'eliminazione attraverso drastici meccanismi di difesa delle esperienze che mettono alla prova i modelli intrapsichici; la persistente tendenza ad evocare negli altri risposte che corrispondono al proprio script, ossia ai propri modelli, invece di un mutuo adattamento flessibile.
È in questo ambito che si inserisce il contributo della Developmental psychopatology (psicopatologia evolutiva), che sottolinea l'importanza di studiare la psicopatologia in relazione ai cambiamenti più significativi che avvengono nel corso del ciclo vitale.
I contributi psicoanalitici più significativi in questa prospettiva sono stati quelli di Bowlby, che ha evidenziato l'importanza della deprivazione materna durante l'infanzia nell'insorgere della psicopatologia.
Importanti contributi per concettualizzare l'approccio evolutivo sono i principi di equifinalità (possibilità che diversi percorsi conducano allo stesso risultato in termini evolutivi) e quello di multifinalità (un evento traumatico non conduce necessariamente sempre allo stesso esito psicopatologico).
Anders sottolinea la limitata autonomia psicologica dei bambini prima dei 3 anni, per cui una psicopatologia focalizzata sul bambino sarebbe quanto mai problematica, come ugualmente improbabile sarebbe concettualizzare il disturbo del bambino come unicamente il riflesso del disturbo dell'adulto: la conclusione non può che essere quella di inserire le sindromi comportamentali e psicologiche dell'infanzia nell'ambito delle dinamiche delle relazioni familiari. I disturbi relazionali possono essere classificati come: 1) turbe relazionali: provocano preoccupazioni quotidiane all'interno della famiglia ma sono di durata limitata e si verificano di solito nei momenti di passaggio in cui avvengono nuove acquisizioni evolutive, oppure in risposta a difficoltà dell'ambiente. Hanno un'evoluzione spesso favorevole e possono rappresentare anche uno stimolo allo sviluppo; 2) perturbazioni relazionali: indicano una condizione evolutiva a rischio, in cui si verificano in modo ripetitivo interazioni incoerenti che, nel caso perdurassero, potrebbero evolvere verso una psicopatologia individuale o relazionale; 3) disturbi relazionali: caratterizzati da modelli interattivi rigidi che comportano un fallimento evolutivo. In questo caso il disturbo dura più di 3 mesi e i sintomi riguardano diversi contesti.

Tratto da MANUALE DI PSICOPATOLOGIA DELL’INFANZIA di Salvatore D'angelo
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