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L'inizio di Vertigo - Hitchcock -




Il nostro quarto esempio, l’avvio di Vertigo,
Scottie insegue un ladro sui tetti di S.F., scivola, e si afferra ad una grondaia; l’uomo, in P.P., fissa terrorizzato il vuoto che gli si apre sotto i piedi; un Tot., sottolineato da uno zoom all’indietro, ci mostra il baratro; a esso segue un’inquadratura coi tetti della città, poi di nuovo il P.P. di Scottie, il Tot. della sua visione, l’inquadratura dei tetti, e il volto di egli; nel frattempo il poliziotto che lo seguiva nella caccia al ladro gli si avvicina per aiutarlo; Scottie, in P.P., lo vede accostarsi, e perdere improvvisamente l’equilibrio; ancora un P.P. di Scottie, seguito dal Tot. del poliziotto che sta precipitando; un P.P. di Scottie che guarda in basso; infine in Tot. con il cadavere del poliziotto a terra.
Esso ruota attorno all’ultima delle configurazioni canoniche, ovvero la soggettività, vuole mostrare come un impianto enunciazionale possa incidere sulla trama stessa del film a tal punto da fare della storia raccontata una sorta di specchio delle proprie misure: dunque dopo le marche stilistiche, dei caratteri produttivi e delle metafore, abbiamo ora a che fare con l’esemplarità di un plot. In questo, brano le soggettive si succedono in modo assai rapido: attraverso gli occhi di Scottie scorgiamo il vuoto in cui l’uomo è sospeso, il poliziotto che gli si accosta, la sagoma di costui che precipita, e il suo corpo a terra1; ora, l’intervento di questo procedimento serve certo ad accentuare la drammaticità dell’episodio, ma fa anche del tenente di polizia qualcosa di più del protagonista di una brutta avventura.
Offrendo le proprie immagini attraverso gli occhi di qualcuno, il film mette in scena il punto di vista da cui va preso2; rende esplicito il fatto di darsi, e figurativizza la propria destinazione. Il nostro quadrato si attiva sul lato inverso rispetto al caso precedente: mentre l’enunciatore rimane un presupposto tacito, l’enunciatario si sincretizza con una componente dell’enunciato, assegnandole cosi la funzione di osservatore, e promuovendolo a narratario. Il risultato è che lo spettatore ipotizzato dal film si cala in un personaggio, ne mutua l’attività percettiva, ne segue i passi, ne adotta gli atteggiamenti: Scottie incarna qui proprio questo entrare in scena del punto a cui il film tende, questo congiungersi di un tu ideale con un dato visibile in campo.
Nella prima parte della storia Scottie può ben essere assunto a modello di spettatore critico, per poi nella fase successiva radicalizzare la propria allucinazione, talmente preso dalla messa in scena, da farne un universo esauriente e esclusivo: è uno di quegli spettatori che partecipano con tale intensità al film, da riportare la vita al cinema, e mai viceversa1.
Ma l’immagine pura non resiste a tutte le prove, e Scottie scopre la verità dei fatti: quello che ha termine è la rappresentazione e il dispositivo che la sosteneva, ed escono di scena, drammaticamente, un personaggio della finzione e l’attore che ne sosteneva la parte; lo spettatore può allora ridiventare critico, e in senso più pieno può ristabilire un dominio sulle cose, facendo cessare l’immaginazione e ciò che la nutriva, e può ritornare padrone di se stesso, ponendo fine al film.
Quell’occhiata verso il basso da origine alla nevrosi del protagonista, ma ne definisce anche il ruolo sul piano enunciazionale – un narratario –; ne anticipa il carattere – l’ossessività –, ma ne fissa anche il destino. La cosa trova di nuovo il suo riscontro maggiore a livello di topologia: l’effetto più stabile è di dotare il quadro di un’unità di misura esplicita, o se si preferisce di riportare tutte le direttrici, comprese quelle ipotetiche, ad un punto di osservazione anch’esso visibile; insomma, di costruire e di mantenere uno spazio vissuto. Ma il dato che più ci interessa è pur sempre quello relativo alla destinazione che il film istituisce e impone: qui il tu scende in campo, assume le sembianze di un personaggio, si fa spettatore in scena; figurativizzando il proprio darsi, il testo trova un’occasione di confronto precisa e stabile: il film sa a chi si rivolge e gli da vita.

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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