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Le uniformi e la mantella dell’incoronazione


Il film sventaglia un numero cospicuo di uniformi diverse, dando l’idea del crogiuolo di forze istituzionali e di eserciti che fanno capo all’imperatore e ai poteri forti (le due famiglie in lotta e la Gilda). Ci limitiamo qui ad alcuni rilievi sommari. Innanzi tutto, le uniformi si contrappongono alle tute per l’uso dei materiali; mentre le seconde sono realizzate con materiali gommosi e pesanti, le uniformi sono di stoffa e ricalcano i prototipi storici, potendo sostenersi più plausibilmente sulla tradizione.
L’imperatore si toglie la lunga cappa con strascico prima di incontrare gli emissari della Gilda; con questo gesto vuole indebolire ulteriormente ogni eventuale segno di magniloquenza e ostentazione del suo potere, ben consapevole che la sua leadership dipende dalle concessioni e dai favori della Gilda. La fascia onorifica monocroma e lucida è quella che rispecchia ogni territorio rappresentato, così come il valore di cui fregiarsi è un’unica decorazione che sigilla l’irradiazione da un unico centro (la stella). L’imperatore si veste per rappresentare ogni pianeta dell’universo conosciuto; il carattere piuttosto attillato dell’uniforme e la presenza del pugnale sono posti a simbolo di un potere dinamico e pronto a mettersi in gioco in prima persona (in effetti, l’imperatore non esiterà ad accorrere sul pianeta Dune per cercare di porre rimedio alle débacle militari degli Harkonnen).
La mantella Fremen rappresenta nel film ciò che suggella un’incoronazione religiosa; egli è divenuto infatti “mano di Dio”. Tuttavia, questa mantella sancisce anche il momento in cui Paul Atreides non ha più alcun bisogno del modulo estraniante, vale a dire quella tecnologia che consentiva di convertire la voce in uno strumento potentissimo di distruzione. La potenza della sua voce è oramai diventata autosufficiente e non ha più bisogno di un vestito, la tuta Fremen, che era il precipitato di tutte le protesi tecnologiche sottratte all’autonomia dei corpi macchinici. Il vestito torna ad essere qualcosa che detiene dei segni destinali accessibili e governabili non attraverso la politica (quella a cui si erano asservite anche le appartenenti al Bene Gesserit), ma la religione. Sul collo della mantella compaiono dei segni esoterici disegnati a memoria di un “destino già scritto” (il volere di Dio) ma che si è infine realizzato: la salita al trono di Paul Atreides è salutata, infatti, come l’avvento del Kwisatz Haderach (il nome esotico significa “la via più breve”), malgrado il giovane non sia stato concepito attraverso selezione genetica, come pronosticato dal Bene Gesserit. In fondo, Paul Atreides è colui che, dopo la neutralizzazione delle distanze spaziali (attraverso il viaggio “sul posto” consentito dalla spezia), può infine azzerare anche il tempo, portando a una tappa più avanzata l’emancipazione dell’uomo dalla tecnologia: i suoi poteri segnalano di non aver più bisogno alcuno di protesi e i suoi vestiti possono tornare ad essere quelli di un trapassato remoto, lasciando da parte tutta la specializzazione funzionale e le interfacce segrete delle tute da combattimento (si veda quella di Feyd-Rautha).

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