Skip to content

Complessità dell’ascolto clinico

Richiesta di aiuto, domanda a qualcuno: dall’oggetto della richiesta al soggetto che chiede.
Il perché questo soggetto si sta indirizzando a voi non è un perché universale, è sempre e solo singolare: come non c’è una mappa cromosomica uguale a un’altra, così non c’è una struttura, un apparato psichico per dirla con Freud, uguale a un altro.
La soluzione adattiva che un soggetto trova, la normalizzazione, noi viviamo di normalizzazione,  facciamo tutti delle cose che sono relativamente normali e standard, anche noi psicologi.
Tuttavia, quando siamo nell’esercizio delle nostre funzioni non è la normalità che può guidare realmente il nostro atto, non è il portare un soggetto a essere più o meno adattato ma la disponibilità per ascoltare non “quello che non va “ ma la specificità, la particolarità con cui quel soggetto arriva a domandare proprio a noi.
Occorre passare dall’umiltà di questo elemento, a volte del tutto casuale, perché magari siamo il servizio più vicino a dove lui abita, non c’è immediatamente – specialmente per un giovane operatore – il grande transfert illuminante per cui è venuto proprio da voi perché siete bravissimi, (diffidare sempre di questa cosa); spesso nell’umiltà della casualità più pura, siamo in quel momento, per quella persona, l’occasione, il punto in cui cade la sua questione.
Che non è una richiesta di miglioramento, normalizzazione ma dietro a quello che può anche essere espresso in questi termini, sta comunque il punto cruciale della sua esistenza.
Nessuno va a consultare uno psicologo semplicemente per avere qualche consiglio: anche in quello che si manifesta come una apparentemente banale richiesta di aiuto è inevitabilmente contenuta la singolarità del  soggetto che chiede.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.