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Regolamenti e fonti secondarie

Riferimenti normativi


- Legge 400 del 1988 “Disciplina dell’Attività di Governo e Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, in particolare l’Art.17;
- Art 87 comma 5 della Costituzione.
L’articolo 17 riguarda proprio i regolamenti che rappresentano delle fonti secondarie e sono una potestà regolamentare riconosciuta allo Stato e poi anche alle Regioni. Prima della riforma del titolo V del 2001 di regolamenti si occupava l’art. 87 comma 51 della Costituzione: questo articolo in particolare tratta del Capo dello Stato,  a questo  comma 5  fa riferimento l’attività di promulgazione ed emanazione di leggi, decreti aventi forza di legge e regolamenti. Il riferimento è ai regolamenti statali, ed è il Presidente che ha la competenza di emanarli. In realtà attualmente un esplicito riferimento alla potestà regolamentare si trova nell’art. 117 comma 6 della Costituzione:
(…)La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.(…)
Al comma 6 l’articolo riporta che la potestà spetta in modo esclusivo allo stato, la potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. Comuni Provincie e Città Metropolitane hanno la potestà regolamentare in merito all’organizzazione e al funzionamento dei pubblici uffici. Quindi l’art. 117 a seguito della riforma ha modificato quelle che sono le competenze legislative tra Stato e Regioni: la potestà legislativa spetta al Parlamento e alle Regioni in via generale nel rispetto della Costituzione e delle norme comunitarie.
Al secondo comma2 elenca le materie in cui lo stato ha competenza esclusiva (es. immigrazione, forze armate), cioè in queste materie elencate dalla lettera “a” alla lettera “s” può legiferare solo lo stato.
Il comma terzo: la potestà legislativa concorrente spetta contemporaneamente allo stato e alle regioni, lo stato con delle norme di indirizzo chiamate anche leggi cornice o leggi quadro, poi la regione, in base alle proprie esigenze, legifererà in quelle materie.
Al quarto comma viene indicata la potestà delle regioni la quale viene ricavata in via residuale, cioè lo stato rispetto l’elenco fornito nel comma 1, mentre le regioni sono competenti per tutte le altre materie.
Vi è quindi una ripartizione fra competenza esclusiva, concorrente e residuale.
La potestà di emanare regolamenti spetta allo stato nelle materie di legislazione esclusiva salvo delega alle regioni, quindi anche nelle materie di competenza esclusiva dello stato le regioni possono emanare regolamenti purché siano state delegate al farlo. Inoltre le regioni possono emanare regolamenti nelle proprie materie: l’innovazione è proprio questa, possono anche regolamentare nelle materie di competenza dello stato, sempre dopo aver ottenuto la delega.
Quindi: prima del 2001, l’unico riferimento ai regolamenti era contenuto  nell’art. 87 comma 5, era il Presidente della Repubblica che li emanava.
Una cosa da tener presente è che i regolamenti fanno parte delle fonti secondarie, inoltre non possono modificare norme primarie, salvo in un caso, quello dei cosiddetti Regolamenti di Delegificazione (li vedremo più avanti).


Definizione di regolamenti?

La definizione di regolamenti si trova nell’articolo 14 del DPR 1999 del 1971. I regolamenti sono atti  formalmente amministrativi, in quanto promanati da un organo titolare del potere esecutivo, e sostanzialmente normativi, in quanto idonei ad innovare con delle prescrizioni generali ed astratte l’ordinamento giuridico. Quindi sono degli atti formalmente amministrativi però di contenuto normativo. Il problema è stabilire se per emanare un regolamento sia necessaria una copertura legislativa a monte. Su questo punto la dottrina si è divisa.
 Una parte ritiene che ci debba essere necessariamente una norma del Parlamento (un fondamento legislativo), aderendo così a quella concezione del principio di legalità formale: il fondamento del potere regolamentare va sempre riconosciuto nella legge, perché la legge delimita l’ambito, l’oggetto, le materie. Inoltre indica le modalità di esercizio, compresi la procedura di approvazione. I fondamenti di questo principio di legalità formale molti lo fanno rinvenire nell’art. 70 Cost.3, il quale articolo riporta che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere; i fautori di questa teoria ritrovano nell’art. 70 il fondamento del principio di legalità.
 In dottrina qualcuno si è opposto a questa teoria sostenendo che ciò fosse valido solo prima della riforma del titolo V. Nel momento in cui l’art. 117 al comma 6 ha introdotto la potestà regolamentare dello Stato e anche delle Regioni non è più necessaria la copertura legislativa, perché è nella stessa Costituzione che si rileva il fondamento alla potestà regolamentare (prima, nell’art. 87, questo non c’era). Ora la Costituzione riporta che la potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni ciascuna nelle proprie materie, il riferimento alla Carta Costituzionale quindi avviene solo per richiamare il riparto della potestà regolamentare tra i diversi livelli di governo.
L’art. 117, in realtà individua solo un riparto di materie tra la legislazione Statale e Regionale,quindi il riferimento alla costituzione riguarda solo il criterio di divisione. Nella realtà non esiste la divisione in dottrina, questa resta  unanime nel rilevare la necessità di una copertura legislativa (sebbene le due teorie siano in contrasto entrambe prevedono la copertura legislativa). Quindi nell’art. 117 è previsto che anche le Regioni possono emanare regolamenti nelle proprie materie, devono però essere delegate da una legge a farlo.  La delega è anche importante perché da questa dipende la tipologia di regolamento da emanare.


I limiti della potestà regolamentare

1. Innanzitutto i regolamenti non possono derogare la Costituzione e né tantomeno i principi in essa contenuti;
2. essendo fonti secondarie non possono derogare né contrastare le Leggi Ordinarie, salvo il caso dei regolamenti di delegificazione;
3. non possono derogare né contrastare le fonti Comunitarie;
4.  i regolamenti non possono regolamentare nelle materie coperte da riserva di legge, cioè materie che la Costituzione riserva alla legge costituzionale o ordinaria;
5. i regolamenti non possono introdurre delle fattispecie criminose né prevedere sanzioni penali. Questo perché vi è proprio una espressa riserva di legge in materia penale, art. 25 comma 2 cost.4;
6. i regolamenti emanati dalle autorità statali inferiori non possono contrastare con quelli delle autorità statali superiori ( principio di gerarchia), es.: regolamenti interministeriali non possono contrastare con quelli governativi. In realtà questi due tipi di regolamenti (interministeriali e governativi) determinano delle materie, è più un rapporto di competenza che di gerarchia;
7. i regolamenti non possono avere efficacia retroattiva.
La legge deve anche indicare i termini entro i quali i regolamenti devono essere adottati. Qui si ha una precisazione: sono termini ordinatori e non perentori poiché ammettono dilazioni contrariamente ai perentori che non ne ammettono.


Classificazione dei regolamenti statali

Per questi tipo di regolamenti dobbiamo rifarci alla legge 400 del 1988. Questa legge parla dell’organizzazione amministrativa del governo centrale ed in particolare dei regolamenti, facendo una distinzione fra regolamenti governativi e regolamenti ministeriali.
Analizziamo in particolare l’art. 175.
Comma 1: con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e     sentito il Consiglio di Stato…(vedi nota 5).
Questo comma “dice” che: il regolamento viene emanato con Decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato; dopo la sigla D.P.R. segue generalmente la dicitura: “Regolamento per la disciplina…”
Contiene l’elencazione delle tipologie di regolamenti governativi:
a. Art.17 Comma 1 Lettera a: Regolamenti esecutivi: vengono emanati per dare esecuzioni alle leggi, ai decreti legislativi e ai provvedimenti che provengono dalla comunità europea;
b. Art.17 Comma 1 Lettera b: Regolamenti attuativi ed integrativi: questi regolamenti danno attuazione ed integrazione alle leggi e recano delle norme di  principio, esclusi quelli relativi a materie che sono riservate alla competenza regionale. E’ come se questi regolamenti aiutassero ad integrare o esplicare la legge; nella prassi, tra lettera “a” e lettera “b” la differenza è molto sottile, tanto che nel preambolo dei regolamenti non si indica più ai sensi di quale comma di questo articolo quel regolamento fa riferimento.
c. Art.17 Comma 1 Lettera c: Regolamenti indipendenti: questi regolamenti servono a disciplinare le materie in cui manca la disciplina da parte di una legge o di un atto avente forza di legge, sempre che non si tratti di materia riservata alla legge. Sono chiamati indipendenti perché, mancando la disciplina, la materia è regolamentata soltanto dal regolamento stesso. E’ come se venisse rilasciata dal Governo una sorta di autorizzazione a emanare questi regolamenti in materie in cui manca una specifica disciplina. Anche su questi regolamenti la dottrina si è divisa, ci si chiede che tipo di fonte secondaria rappresentino questi regolamenti; sono stati individuati come delle fonti secondarie virtuali → sono sempre i fautori del diritto che vedono nella legalità formale  il fondamento del potere regolamentare; l’altra parte della dottrina sostiene che i regolamenti indipendenti trovano il fondamento proprio nell’ Art. 17 comma 1 lettera “c”, se sono previsti nella legge non c’è alcun problema. Ci sono poi i fautori dell’art. 117 comma 6 Costituzione: il potere, secondo questi, è riconosciuto dalla Costituzione stessa a seguito della riforma.
d. Art.17 Comma 1 Lettera d: Regolamenti di organizzazione: sono quei regolamenti che possono disciplinare l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge. L’art. 97 cost. rappresenta una delle norme in cui si parla dell’organizzazione dei pubblici uffici. Dobbiamo ricordarci che di questi tipi di regolamenti se ne parlava già dal 1926. Con la legge n° 100 del 1926, infatti, si disciplinava l’organizzazione della P.A., poi però con l’introduzione della Carta Costituzionale (1948) la disciplina dell’organizzazione dei pubblici uffici è passata all’art. 97 Cost.6. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità. Fino al 1926 l’organizzazione degli uffici poteva essere disciplinata da un regolamento. Nel 1948 venne istituita una riserva di legge, sorse quindi un problema perché i regolamenti non andavano più bene, da allora il regolamento è stato contenuto nella legge 400/88. Questi regolamenti della lettera “d” sono stati poi assorbiti nei regolamenti di organizzazione previsti dall’art. 17 comma 4 bis della legge 59/97  (Legge Bassanini). Ormai, quando si parla di regolamenti organizzativi, si fa riferimento a quelli previsti da questa legge.
Comma 2: disciplina i regolamenti di delegificazione.
Questi regolamenti sono quelli che possono abrogare anche delle leggi, con efficacia dall’entrata in vigore del regolamento (abrogazione differita); è l’unico caso in cui con regolamento vi è un trasferimento di alcune discipline, materie, dalla legge al regolamento. Pone anche dei limiti su questa proprietà di delegificazione: le materie non devono essere coperte da riserva assoluta dalla Costituzione, ed è necessaria una legge che permetta la delegificazione, tale legge deve fissare le norme regolatrici della materia. La stessa legge definisce l’abrogazione delle norme. Questo è l’unico caso in cui, con legge-delega, il Parlamento autorizza il Governo ad emanare un regolamento con il quale si può abrogare una disposizione di legge.
Ci sono poi i regolamenti emanati dalle Regioni. La potestà regolamentare infatti spetta allo Stato e alle Regioni. Questi regolamenti regionali vengono emanati dal Presidente della Giunta (prima della riforma del titolo V la competenza di emanare i regolamenti era del Consiglio Regionale). L’art. 121 cost. è stato modificato, adesso è il Presidente della Regione/Giunta (è la stessa persona) ad emanare i regolamenti, cioè è stato eliminato il riferimento al Consiglio Regionale ed è stato fatto rientrare nelle competenze della Giunta Regionale il fondamento del potere regolamentare. Su questo articolo è dovuta intervenire la Corte Costituzionale con la Sentenza 2 del 13/01/2004 e con altre sentenze( es. 324 del 2003) al fine di  chiarire la differenza tra promulgazione ed emanazione dei regolamenti. Prima il Presidente promulgava soltanto i regolamenti, il termine emana invece vuol dire che c’è una sorta di partecipazione alla formazione del regolamento stesso. Le Regioni hanno anche la potestà statutaria oltre a quella regolamentare, possono quindi dotarsi di uno Statuto  (Puglia prima in Italia); visto che la Regione ha la possibilità di emanare lo Statuto con legge regionale (prima avveniva con legge costituzionale),la Corte ha deciso che è la Regione stessa che può decidere se i regolamenti debbano essere emanati dalla Giunta, dal Consiglio ecc. Generalmente però lo fa la Giunta.

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Mariarita Antonella Romeo
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