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L’Albania tra le due guerre. Il protettorato italiano (1921-1939)

La guerra e le invasioni fanno da collante tra i clan, contribuendo a creare un’identità nazionale, che non coinvolge però gli strati bassi. Nelle elezioni del ‘21 emergono due raggruppamenti politici: il Partito progressista dei proprietari terrieri e il Partito popolare, d’ispirazione liberale e democratica. Oltre a queste emerge la fazione di Ahmed bey Zogu, rappresentante dei ricchi proprietari terrieri del nord. Ad esso si oppone la fazione capeggiata dal vescovo di Durazzo, Fan Stilian Noli. Le elezioni del ’24 portano ad un allontanamento di Zog, che si rifugia in Jugoslavia, e al governo di Noli. Il progetto di Noli è di liberare l’Albania dall’influenza delle grandi potenze e di innovare il paese a costo di intaccare privilegi consolidati. A suo favore Usa, Italia e Urss, che tuttavia non gli forniscono gli aiuti necessari. Comincia così a sfaldarsi la coalizione che lo sostiene. Noli ricorre alle elezioni per legittimare il suo potere, ma Zog ne approfitta per entrare coi suoi uomini a Tirana e prendere il potere. Il 19 gennaio 1925 Zog proclama la nascita della Repubblica d’Albania. Il nuovo sistema si regge su un fortissimo potere esecutivo che sconfina nell’autoritarismo. Zog si avvicina all’Italia, siglando col governo fascista accordi economici e di assistenza militare. Nel ‘26 l’Italia diviene garante dell’indipendenza albanese. Il progetto di Mussolini è di creare un’intesa collettiva tra gli stati balcanici, e di avere in questa intesa un ruolo centrale. Tuttavia il progetto fallisce a causa dell’opposizione francese. Il 27 novembre del ‘26 Italia e Albania siglano il Patto di amicizia e sicurezza, o Patto di Tirana, che prevede la tutela reciproca in caso di attacco da parte di uno stato balcanico. In seguito il Trattato di Tirana consente a Zog di proclamarsi re d’Albania, trasformando il paese in una monarchia costituzionale e la reciproca tutela è estesa a ogni tipo di attacco. Il regno di Zog si basa su una serie di riforme finalizzate a europeizzare l’Albania: viene abolito il kanun, la poligamia, viene introdotto il divorzio, ma questo non basta ovviamente a trasformare la cultura e la società del paese. Zog riconosce tutte le confessioni, che sono però direttamente controllate dallo Stato. Non potendo tassare i più ricchi, Zog ricorre a ingenti prestiti internazionali, e in particolare italiani. Nel ’31 l’Italia offre un grosso prestito in cambio della realizzazione di un’unione doganale che, di fatto, avrebbe totalmente subordinato l’economia albanese a quella italiana. In Albania c’è una forte opposizione, che induce Zog a cambiare atteggiamento. 70 ufficiali italiani vengono espulsi. La dura reazione italiana induce Zog a ricucire i rapporti, ma a questo punto l’Italia alza la posta in gioco e pretende il completo controllo sugli accordi commerciali albanesi. Zog tenta inutilmente di avvicinarsi alla Francia, ma capisce che può solo sperare nell’Italia. Il riavvicinamento all’Italia provoca la mancata adesione del Paese al programma di sanzione che la SDN ha imposto all’Italia per la sua condotta in Etiopia. La borghesia albanese non appoggia più il suo re, che subisce ben due complotti. Nel ’35 Zog conferisce la carica di Primo Ministro al liberale Frasheri, che concede più libertà di stampa, consente la nascita dei sindacati ed elimina ogni ostacolo alla penetrazione economica italiana. Risolti questi problemi Zog destituisce Frasheri e lo sostituisce con un suo fedelissimo, che conduce una politica autoritaria e repressiva.
Intanto in Europa le magagne di Versailles venivano a galla, il potere di Hitler cresce, ma prevale ancora la politica dell’appeasement. Nel corso della Conferenza di Monaco, convocata per il problema dei Sudati e Hitler, Mussolini si conquista la nomea di “salvatore della pace”. Galeazzo Ciano preme Mussolini per un’occupazione dell’Albania, e tra il 6 e 7 aprile del ’39 le truppe italiane sbarcano a Durazzo e Valona, ponendo fine all’indipendenza albanese e al regno di Zog. Non c’è alcuna reazione a livello internazionale. Vittorio Emanuele III accetta la corona d’Albania, che diventa provincia italiana. Si procede alla fascistizzazione della società. Con l’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) inizia l’offensiva contro la Grecia, che evita di tramutarsi in un fallimento colossale solo grazie all’intervento tedesco. I giovani albanesi soffrono l’occupazione e si avvicinano sempre più all’ideologia marxista-leninista, mente i proprietari terrieri rimangono nazionalisti. È su questi che punta Mussolini con la sua propaganda per una “grande Albania”. I comunisti si oppongono: il gruppo comunista di Korce, cui appartiene Hoxha, conduce le forze comuniste alla costituzione di un Partito comunista nel 1941. La repressione italiana facilità in realtà l’aggregazione. Nasce il Lufta, movimento di liberazione nazionale, che riunisce tutti gli albanesi contrari all’occupazione italiani. Dal Lufta si scinde il Balli Kombetar (fronte nazionale), composto da coloro che non condividevano l’ideologia comunista. Questi movimenti innescano una guerriglia quotidiana, e nel ’43 i Partito comunista crea un esercito regolare. Il Balli Kombetar si mette d’accordo con gli italiani e gli aiuta a reprimere il movimento comunista. Lo scontro conduce alla vittoria del Lufta, che si auto proclama unico potere legittimo del paese.

Tratto da STORIA DELL'ALBANIA CONTEMPORANEA di Giulia Dakli
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