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Lo scenario distopico da More a de Sade

La distopia inizia con l'utopia: ne è in qualche modo il parassita, il compagno ineliminabile. Se la mente umana immagina la vita sociale come dovrebbe essere, è proprio perchè le cose vanno male. Lo scenario distopico è proprio il fondale su cui si staglia l'utopia, cioè la situazione reale.

Utopia di Thomas More, la madre di tutte le utopie nasce in un mondo in cui l'accumulazione capitalista sta lasciando i suoi segni. L'Utopia, allora, dovrebbe rimettere le cose a posto: ma il suo nome stesso ci dice che non esiste. "Io vorrei, ma non ci spero" conclude More.

Due secoli dopo, il capitano Lemuel Gulliver, creato da Swift, scopre un nuovo altrove dove governa la ragione, ma con un risvolto imbarazzante. E' soprattutto sull'isola dei cavalli sapienti che Swift manda l'utopia a gambe all'aria. Il mondo di vita razionale esiste, solo che non riguarda gli essere umani, che hanno per di più l'orgoglio di essere al centro dell'universo.

L'antiutopia diviene più crudele con il Marchese de Sade, illuminista dal pensiero distopico e incentrato su un puro materialismo dei rapporti di forza e del godimento. Con Sade non dovrebbe esserci questione di utopia o distopia, perchè la credulta è ritenuta lo stato naturale dell'uomo.

Eppure anche qui vi sono degli elementi, come nel suo racconto Aline e Valcour (1795). Durante le peregrazioni per il mondo ci si imbatte nel regno peggiore (il regno di Butua in Africa) e migliore (l'isola di Tamoè in Polinesia). Nell'isola, il legislatore Zamè ha compreso che i delitti nascono dagli squilibri e dai divieti: in tal modo sono venuti meno i motivi delle cattive azioni e l'utopia è possibile. Ma che Sade ne dubitasse lo dice il nome Zamè, in francese è simile a jamais.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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