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Il modello di produzione snella giapponese nell'economia di oggi

Il Giappone ha registrato una crescita spettacolare della sua economia nei primi decenni che hanno seguito la seconda guerra mondiale, salvo poi nel periodo successivo, un rallentamento nei ritmi dello sviluppo. Nei primissimi anni novanta, si è verificato all’improvviso un crollo della borsa dovuta ad un forte sgonfiamento del mercato immobiliare, ed  una crisi devastante del sistema bancario. Lo scoppio di queste bolle è stato il segnale dell’avvio di una sostanziale, lunga, stagnazione dell’economia, fenomeno che è durato sino al 2001.

Si è sviluppata, in particolare, in tale periodo una spirale perversa verso il basso tra il sistema finanziario e quello delle imprese; le banche, con lo scoppio della crisi, si erano ritrovate con un grande volume di crediti inesigibili, anche a ragione del fatto che esse avevano negli anni precedenti prestato risorse senza alcun freno al sistema economico; con lo scoppio della bolla esse sono state indotte a bloccare i nuovi prestiti, mentre le imprese venivano travolte dalla cattiva congiuntura e alimentavano così ulteriormente, a loro volta, le difficoltà delle banche.
A partire dal 2002 e sino, grosso modo, alla metà del 2008, è seguito un periodo di debole ripresa e si è poi registrata  in parallelo alla crisi mondiale, una nuova caduta molto rilevante dell’economia.

Le recessioni indotte da una crisi finanziaria di solito finiscono con un boom delle esportazioni, cosa oggi praticamente impossibile. Anzi, è stato di nuovo lo sgonfiamento delle stesse esportazioni, indotto dalla crisi (in particolare di quelle verso gli Stati Uniti e verso la Cina) che ha fatto ancora una volta crollare l’economia del paese.
Anche  la riforma del mercato del lavoro non è servita a molto, ma anzi essa ha agito di recente, probabilmente, in senso negativo; ci si ritrova oggi, in effetti, con un aumento nei livelli di disoccupazione, in particolare per quanto riguarda i lavoratori precari, comunque con dei dipendenti che godono in larga parte di redditi sostanzialmente decurtati, mentre sono spaventati dalla possibilità di licenziamento e sono, più in generale meno motivati di prima: tutto questo non contribuisce certo a spingere in alto i consumi interni, né la produttività del sistema. In effetti, gli stessi consumi languono e la gente, quando può, preferisce risparmiare per un futuro che si preannuncia come molto incerto.

Così, alla fine, le difficoltà del Giappone negli ultimi venti anni sembrano indotte da una stagnazione senza possibile via d’uscita, dal momento che la crisi della domanda interna non può essere superata per via della mancanza di qualsiasi stimolo che vada in controtendenza, in presenza anche, tra l’altro, di una riduzione nel numero degli abitanti e di un loro marcato invecchiamento medio, fenomeno che aumenta i costi a carico del bilancio pubblico, mentre la via delle esportazioni sembra in gran parte ormai preclusa.
Questo modello purtroppo rappresenta probabilmente il futuro prossimo dell’Europa e in particolare dell’Italia, paese che mostra già da tempo diversi sintomi della malattia e che appare più avanti sulla strada giapponese rispetto a tutti gli altri paesi del nostro vecchio continente.

Dal canto suo la Toyota, oggi è la maggiore società automobilistica del Giappone, con una produzione stimata in circa nove milioni di veicoli l'anno. La società domina il mercato giapponese con circa il 40% delle nuove auto registrate nel 2004, e gode di una consistente fetta di mercato sia in Europa che negli Stati Uniti. Ha quote di mercato significative anche in diversi paesi del sud-est asiatico. L'azienda produce una grande varietà di veicoli generalmente stimati per qualità dei materiali, buona progettazione e valore. Hanno introdotto il concetto di SUV con il RAV4, e stanno investendo molto sulla produzione di veicoli ibridi (alimentati sia da motore termico che da quello elettrico) con la Toyota Prius. All'inizio del 2009 fu pubblicata la notizia che nel corso del 2008 la Toyota superò la General Motors diventando la prima azienda automobilistica al mondo per numero di veicoli prodotti e per fatturato. Il primato di Toyota durò solo pochi mesi. Nel Novembre 2009 il gruppo Audi-Volkswagen ha superato Toyota ancora prima che Toyota subisse la contrazione delle vendite dovute a vari difetti di produzione che hanno costretto il colosso giapponese a richiamare 9 milioni di veicoli per un problema all’acceleratore; si pensa che questo inconveniente abbia causato alcune centinaia di morti. Il 29 gennaio 2010, il presidente della casa automobilistica in parola, Akio Toyoda, si scusa pubblicamente per la vicenda che ha visto coinvolte più di 7 milioni di vetture (1.800.000 delle quali "richiamate" sul mercato europeo), rispettando i canoni di pensiero del modello giapponese basato sulla qualità totale del prodotto e del rapporto particolare tra azienda-cliente, trasparente e solido.

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