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Francisco al centro della scena in El - L. Bunuel -




Ebbene, questo personaggio è ora al centro della scena, posto in piena evidenza: il film ha trovato un protagonista, e nello stesso tempo la maniera di palesare le coordinate che lo reggono a partire dal suo punto d’ascolto.
Ma una nuova serie di inquadrature introduce un’ulteriore variazione.
L’uomo in P.P., ripreso adesso in modo leggermente diverso, scruta davanti a sé; la donna, anch’essa in P.P., dapprima abbassa gli occhi, poi si gira e guarda con decisione; ancora il volto dell’uomo; la donna richiude gli occhi; l’uomo volge il capo.
Questo nuovo passaggio ci suggerisce innanzitutto che a uno sguardo esclusivo si viene sostituendo uno sguardo d’occhiate: Francisco non è più il solo a vedere, anche la donna, Gloria, esercita questo diritto. Anzi, ciascuno dei due personaggi è ormai collocato nell’ottica dell’altro: se Gloria continua ad essere inquadrata a partire dal punto di vista di Francisco, costui arriva a mutare di P.P. per poter coincidere col punto di vista di lei. Tuttavia – secondo suggerimento – l’incrociarsi delle occhiate porta anche a reificare gli sguardi, a farli diventare pura azione: se stiamo attenti, quel che ci viene mostrato non è tanto il vedere e l’esser visti, quanto il fronteggiarsi di due possibili eroi; il fronteggiarsi, e cioè una disposizione spaziale che è gia indipendente dal fatto di fissarsi l’uno con l’altro, tanto è vero che Francisco può meritarsi un’inquadratura subito dopo che Gloria ci è apparsa ad occhi chiusi. Ciò significa che qui, più che un sovrapporsi di soggettive si realizza il generico campo/controcampo: lo sdoppiamento degli osservatori, Francisco e Gloria, li porta a calarsi perfettamente nella diegesi, fino a diventarvi delle presenze ormai prive di un particolare spessore. Il risultato è
- di neutralizzare la scena, per quanto ci siano dei particolari soggetti che la abitano;
- di riassorbire le coordinate del film nella realtà che esso rappresenta;
- insomma,di ritornare a un andamento oggettivo che ammette soltanto dei testimoni esterni, sia pur dotati di maggior consapevolezza che in avvio.
Ultima parte della sequenza.
Allo stacco, un carrello ci conduce dall’altare, con i celebranti in F.I., alla soglia della chiesa, in un Tot. leggermente dall’alto.
L’inquadratura apporta un’altra correzione alle misure in uso. Infatti la situazione precedente è come schiacciata su di uno sfondo che prende ora il sopravvento: non solo perché Francisco e Gloria si perdono nella folla dei fedeli, e con essi si perde il loro faccia a faccia, ma soprattutto perché a uno spazio scandito dalle occhiate di un uomo e di una donna si sostituisce uno spazio dominato da un punto di vista diverso, al di sopra della gente(il leggero plongée) e con una mobilità particolare(il carrello fino alla soglia della chiesa).
Diciamo, in una parola, che all’oggettiva di prima subentra un’oggettiva irreale, in cui la cinepresa, protesa ad affermare “sono qui” e “giungo a vedere”, che si fa segno del punto di partenza e del punto d’arrivo del discorso filmico. Dunque, a ridosso della dissolvenza conclusiva, il cinema riprende in mano visibilmente il gioco: sono un io e soprattutto un tu resi con un occhio meccanico a definire i parametri che sottostanno alla rappresentazione.

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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