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Si recita a soggetto

Si recita a soggetto


Il materiale narrativo viene importato chiaramente come stereotipo e sottoposto a processi irrispettosi del contenuto. Si pensi al primo dialogo tra Sailor e Lula (sesta sequenza): si parla di sesso, dopo averlo consumato fino all’incandescenza (l’immagine vira al rosso sotto il traguardo degli orgasmi):
a. Lula, dopo aver magnificato le doti d’amante del partner, gli racconta che la madre era solita dirle che dopo i quindici anni avrebbe cominciato a interessarsi al sesso;
b. Sailor le rammenta che a suo tempo Lula gli aveva raccontato dello stupro subito a tredici anni da parte dello zio Pooch;
c. Lula ammette, ma sostiene che non era in realtà suo zio, ma un socio d’affari del padre, e che in ogni caso sua madre non era a conoscenza dell’accaduto;
d. Lula ripensa (l’enunciatario viene proiettato nella visualizzazione del suo sogno) a quel terribile evento della sua adolescenza e ricorda come la madre un giorno sorprese lo “zio” approfittare di sua figlia;
e. Lula racconta a Sailor che lo “zio” morì stranamente in un incidente di macchina qualche tempo dopo (occulta il preciso ricordo - perfettamente visualizzato e dato in pasto allo spettatore - di quando la madre promise di far uccidere lo stupratore di sua figlia).
f. Poi Lula dice: “Qui c’è troppo traffico per i miei gusti. Ti sei accorto che il traffico è aumentato in maniera impressionante?”. Anche Sailor commenta: “Ecco ci risiamo ... “. E Lula: “Scusami, Sailor. Il fatto è che lo strato di ozono sta scomparendo ... “.
Se Lula dice di aver cominciato a fumare alla fine delle elementari, Sailor, dopo qualche esitazione, butta là che si è fatto le prime sigarette a quattro anni, e che sua madre, grande fumatrice, è morta poco dopo per cancro ai polmoni. Lula non trova niente di meglio che chiedere quali sigarette la madre fumasse, e Sailor, imperterrito, le risponde che erano della stessa marca di quelle che oggi lui stesso acquista. Le esitazioni prima di “spararla più grossa” o di dire qualcosa di completamente fuori luogo sfiorano la piega metalinguistica (“guarda cosa ci tocca dire”), ma tendono ad essere lette piuttosto come disoccultazioni del tentativo, da parte dei protagonisti, di restare dentro alla parte che si sono assegnati nello loro vita a programma. I dialoghi sono spogli e quando si “vestono” non tentano nemmeno di celare la loro origine pret-à-porter.
Schifati dal mondo che hanno visto attorno a sé lungo la loro vita, Sailor e Lula sperano di offrirsi reciprocamente una chance per il loro aver riunito dei cuori che vengono da posti diversi; sperano di saper essere reciprocamente stranieri, e di amplificare questa distanza originaria grazie a un viaggio in grado di siglare un allontanamento. In realtà, i due non solo condividono il fatto che il passato li ha entrambi marchiati a fuoco, ma che alcune tappe salienti della loro esistenza hanno avuto una serie di intersezioni segretate. Bisogna aspettare la seconda metà del film per sentire la confessione di Sailor in cui svela all’amata che era stato l’autista della squadra di malviventi che le aveva ucciso il padre. In definitiva, l’epopea del loro incontro redentore crolla sotto il peso di un passato comune contaminato. Non si sono mai in fondo mossi e Big Tuna rischia di essere la loro personale Samarcanda, dove la morte (Bobby Perù) li aspetta già da un paio di giorni.
I personaggi recitano a soggetto la propria vita tentando, a colpi di sesso e mitizzazioni libertarie, di riscattare un’originarietà da ciò che è tanto stereotipico da aver perduto persino il senso delle proprie origini. Anche per tale ragione tutto può essere “pervertito”, al momento giusto, con un piccolo gradiente di improvvisazione, avendo in mente più le “giuste dritte” (le strade) che vere mete.

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