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I primi mappamondi

Gran parte della produzione cartografica tra la fine dell’impero romano e il XIV secolo è rappresentata dai mappamondi, che venivano eseguiti da monaci o da letterati che intendevano mostrare la loro interpretazione dei classici e dei testi sacri e li arricchivano spesso con particolari non esattamente cartografici, come figure umane, paesaggi e personaggi mitologici, che rispondevano a richieste estetiche e iconografiche: la cartografia infatti si poneva come compendio grafico di un sapere e di una cultura generalmente diffusa, dove le raffigurazioni sono grossolane, travisate e difficili da capire. 
I mappamondi sono carte di forma generalmente circolare che rappresentano il mondo abitato e conosciuto come una superficie piana, cinta dall’Oceano e con l’est in alto. Si ispiravano all’idea di una terra piatta, senza dubbio più facile da rappresentare, perché era come se fosse vista dall’alto di una montagna, evitando tra l’altro la difficile questione delle razze umane che avrebbero potuto popolare gli antipodi. 
Si ebbe, così, fino al XIV secolo, l’utilizzo della figura a T-O, mappe di puro tipo romano-cristiano: la terra risulta inserita in una circonferenza che rappresenta l’Oceano, i due segmenti superiori, uniti a formare la T, sono costituiti dal Tanais (Don) e dal Nilo e tracciano il confine tra l’Asia, cioè la porzione di terra che sta nella parte alta della rappresentazione, e l’Africa e l’Europa, collocate rispettivamente a destra e a sinistra e divise tra di loro dall’asta verticale della T, rappresentata dal mar Mediterraneo. Altra caratteristica è l’Oriente in alto: il punto in cui sorge il sole era il più adatto a rappresentare anche l’origine della “luce divina”. Ma ciò impediva di rappresentare gli oggetti così come venivano osservati, impresa ancora più difficile poiché il centro del mappamondo era rappresentato da Gerusalemme, fulcro del mondo cristiano. Questo tipo di mappamondo viene definito anche come mappamondo sallustiano, perché l’esempio più tipico venne trovato in un codice di Sallustio. Tra i mappamondi a T-O più noti e accurati ci sono quelli di Ebstorf e di Hereford e quelli costruiti da Fra’ Mauro. La scrittura su queste mappe generalmente è in latino, ma spesso i nomi sono dati nei volgari locali. Riflettono le idee dell’era pre-cristiana, vengono chiamate Imago Mundi Rotonda  o Mappe Noachidi dalla loro suddivisione biblica in tre parti, una per ciascuno dei figli di Noè. Abbiamo un esempio di ciò nella splendida miniatura che decora il tardo manoscritto di Jean Mansel, La fleur des histoires: a Sem viene data l’Asia, a Cam l’Africa e a Jafet l’Europa. Simboleggia la comune matrice etnico-religiosa dei tre continenti.
Non tutti i mappamondi hanno queste caratteristiche: l’ecumene poteva avere un contorno quadrangolare o ovale. Ci sono inoltre mappamondi più recenti che presentano la terra quadripartita secondo due linee: la prima sono il Tanais e il Nilo e la seconda il Mediterraneo e la catena del Tauro.
Abbiamo altri due tipi di mappe: uno è del tipo Cratete di Mallo, che derivano il loro nome dal classico prototipo del globo di Cratete. È un tipo abbastanza raro, perché rappresentava la teoria degli antipodi, che non poteva essere accettata dalla Chiesa. C’è una suddivisione in zone. Un esempio è dato dalle mappe di Marziano Capella. Vengono associate a queste mappe zonali le mappe climatiche, che suddividono l’ecumene in sette tipi di clima, secondo gli insegnamenti tolemaici. 
Il terzo tipo è un incrocio degli altri due, e comprende le cosiddette mappe del Beatus. Sono tra quelle che lasciano maggiormente il segno nella cartografia monastica. Beatus di Valcavado, monaco benedettino spagnolo, compilò il suo Commentario dell’Apocalisse nel 776, aggiungendovi una mappa del mondo quale illustrazione. Queste mappe differiscono molto per forma, dimensioni e apparenza, invariabilmente orientate all’est in alto, la superficie terrestre a volte è divisa in quattro zone. 
Nella mappa dell’Anonimo ravennate, abbiamo al centro della carta non Gerusalemme, ma Ravenna, dalla quale si dipartivano 24 raggi che suddividevano la superficie terrestre in 12 settori diurni e 12 notturni. 
Dal momento che fu la Chiesa a fare la maggior parte dei mappamondi, è naturale che imponesse i suoi segni, come la posizione di Gerusalemme al centro. Nel VI secolo, Cosma Indicopleuste aveva formulato una figurazione cartografica che riconduceva l’universo alla forma del Tabernacolo del Tempio di Gerusalemme. La Terra vi assumeva una forma piana quadrangolare circondata dal grande Oceano, che vi si insinuava in 4 ampi golfi; ai suoi lati si innalzavano le pareti del Cielo, che la congiungevano alla sovrastante volta celeste, emisferica, che chiudeva l’intero universo. In fondo alla Terra, verso Occidente, si ergeva una grande montagna dietro la quale il Sole, con gli altri astri, accompagnato da angeli lampadofori quotidianamente spariva. 
Inoltre, la Terra non poteva essere rappresentata se non in forme circolari, seppure inscritte in una cornice quadrangolare, che trova una sua spiegazione nelle parole dell’Apocalisse di Giovanni, che dice che i 4 angeli erano nei 4 angoli corrispondenti alla direzione dei venti principali, che appaiono esterni alla Terra stessa. 
Altra caratteristica è l’omocentrismo che caratterizza le rappresentazioni: nei mappamondi troviamo indifferentemente la rappresentazione del Paradiso terrestre, dei luoghi santi della cristianità, i regni biblici di Gog e di Magog, le dieci tribù perdute di Israele, le terre degli uomini con la testa di cane e la Sardegna a forma di piede umano. Questo deriva dal fatto che la maggior parte delle conoscenze sui Paesi lontani erano frutto di racconti dei pellegrini e dei Crociati, racconti quindi investiti di fervore religioso e immaginazione. Esempio di ciò è l’Imago mundi  di Onorio Augustodunense, che rappresenta il mondo con la forma dell’uovo: la Terra occupa il centro come il tuorlo nell’albume, dimostrando di accogliere il valore cosmico che la tradizione attribuì all’uovo, come dimostra anche la Sacra Conversione di Piero della Francesca, dove un uovo è sospeso sul capo della Vergine.
Il mappamondo di Ebstorf del 1234 rappresenta uno dei pochi documenti del periodo che ci abbia trasmesso numerose informazioni topografiche e toponomastiche. Fu creato in un convento benedettino presso Ulzen e fungeva da pala d’altare della cattedrale di Ebstorf. Andò distrutto durante la seconda guerra mondiale. Constava di 30 tavole di pergamena di differenti dimensioni, che unite davano un diametro di 3,53 x 3,56 metri. Presentava delle lacune e molti nomi doppi di città e isole, forse dovuto al fatto che il disegno fu eseguito su fogli separati, successivamente riuniti. Probabilmente il disegnatore fu Belmont, nome scritto chiaramente insieme alla data, ma il suo autore viene indicato più probabilmente in Gervasio di Tilbury. L’est, posto nella parte superiore del disegno, è simboleggiato dalla testa di Cristo Pantocratore, che abbraccia il mondo intero e indica il nord e il sud con le mani e l’ovest con i piedi. La penisola italiana è grossolanamente deformata. In questo mappamondo è evidente l’acquisizione di nuove informazioni circa l’Africa che qua si espande verso l’Asia.
La carta di Hereford, disegnata tra il 1260 e il 1270, ha pari importanza ed è molto simile per tipologia, fattura e destinazione, anche se è più piccolo. Realizzata allo scopo di adornare con un’immagine universale un luogo sacro, funge ancor oggi da pala da altare. Nacque certamente come copia di una carta anteriore, come si capisce dal fatto che parte dei nomi geografici risale all’epoca romana: Aquitania, Gallia Belgica e Celtica Provincia, per esempio. Riguardo all’Italia è notevole il fatto che essa sia rappresentata com’era nella seconda metà del IV secolo, che la divisione in province sia quella anteriore alla conquista longobarda e che i nomi delle città corrispondano a quelli della Tabula Peutingeriana. Il mappamondo è inscritto in un trapezio raffigurante il Paradiso Celeste nel Giorno della Resurrezione. Al centro dell’ecumene è rappresentata Gerusalemme, ma anche altri elementi tratti dalla Bibbia, come Adamo ed Eva, l’Arca di Noè e la Torre di Babele. È sormontata dall’immagine del Cristo in Maestà. 
Con il mappamondo di Fra Paolino Minorita, la rappresentazione circolare dell’ecumene acquista un’ampia diffusione e si arricchisce di nuovi elementi. Potrebbe essere considerato una derivazione del planisfero dell’arabo Edrisi. Il suo mappamondo deve la sua importanza al fatto che è il più antico fra quelli contenenti elementi moderni, arrivati alla cartografia attraverso le testimonianze dei pellegrini e dei naviganti. Oltre agli elementi tradizionali, compaiono indicazioni “moderne”: la Scizia, i regni del Catay e del Magnus Terra nigrorum dell’Africa orientale. 
Nel 1321, il veneziano Marino Sanudo presenta al Papa un progetto di Crociata e costruì un mappamondo molto simile a quello di Fra Paolino. Il progetto, inoltre, era formato da altre 3 carte, costituite da una carta del Mediterraneo, una della Terra Santa e una dell’Egitto, tutte delineate da Pietro Vesconte, che di solito costruiva carte nautiche: si ha, quindi, la saldatura tra cartografia medievale dei mappamondi circolari a T e la nascente cartografia nautica. Accanto al consueto schema dell’ecumene circolare, tripartito e circondato dall’Oceano, compare una rosa centrale di 16 venti e 16 rose disposte alla periferia del cerchio. 
Oltre a queste innovazioni, si mantiene viva la tradizione, come testimonia l’anonimo planisfero chiamato Mappamondo Borgiano o Tavola di Velletri. Il planisfero, orientato con il sud in alto, è inciso su due tavole di rame del diametro complessivo di 63 cm, che raffigurano l’antico ecumene, circondato dall’Oceano. Segnala anche le due province di Gog e Magog e, alla foce del Gange, la figurazione del paradiso indicato come <<locus deliciarum>>. Manifesta influenza catalana e sembra che sia stata disegnata come decorazione a muro, con colori inseriti in canali incisi: svolgendo una funzione decorativa, non richiedeva eccessiva precisione.
Un famoso cartografo veneziano, Andrea Bianco, aggiunse un planisfero al suo atlante di carte nautiche del 1436, ma la sua carta del mondo è superficiale e mostra poco progresso rispetto a quella del Vesconte di un secolo prima: anche se è presente una rosa di 8 venti, a Oriente viene inserita la rappresentazione del Paradiso da cui sgorgano i 4 fiumi biblici.
Una svolta decisiva fu rappresentata da Fra Mauro, monaco camaldolese originario di Murano, che in certi momenti sembra essere un cartografo moderno: i libri del monastero riportano registrazioni per spese di colori e paghe per cartografi. Il mappamondo, che ha diametro di 1,94m in un quadrato di 2,23m di lato, venne realizzato tra 1457 e il 1459 con la collaborazione di Francesco di Cherso e di Andrea Bianco. È consapevole di compiere una grande opera innovativa e di andare contro la corrente che vuole il ritorno a Tolomeo, che anzi critica violentemente. Il suo mappamondo, rifiutando forme, disegni, distanze itinerarie superate, inaugura il grande movimento della cartografia moderna, anche se l’antica cartografia si riaffaccia nella rappresentazione del mondo come un planisfero circolare, mentre per il nuovo continente affida un secondo planisfero, anch’esso circolare, ma distinto: ciò indica che c’era difficoltà di assimilazione dell’esistenza di un nuovo mondo etnicamente ed eticamente estraneo a quello derivato direttamente dalla stirpe di Adamo.

Tratto da CARTOGRAFIA E TERRITORIO NEI SECOLI di Elisabetta Pintus
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