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Guerra e follia


Una figura nuova si aggira nei campi di battaglia, negli ospedali delle retrovie e nelle pagine degli specialisti di alienazione mentale: è la figura del soldato impazzito, smemorato, ammutolito, che non riconosce gli altri ed è divenuto irriconoscibile. La maschera antica della follia sembra ora insediarsi nel cuore della guerra moderna, incarnata in personaggi miserabili o «inaccessibili».
Il «caso mentale» è in primo luogo un prodotto specifico della nuova guerra, un’espressione del suo volto inedito.
La figura del soldato «folle» non è dunque un residuo o un incidente trascurabile nel processo altamente razionalizzato di mobilitazione e impiego delle masse, ma l’incarnazione estrema della sua antitesi.
I soldati sembrano tentare di porsi al di là di ogni possibile contatto, trincerarsi di fronte all’aggressione delle presenze esterne, fuggire, nascondersi.
Tutti appaiono in preda a un terrore costante, implacabile, che si ravviva a ogni minima occasione e si imprime in tutto il corpo.
Essi hanno generalmente in comune una prolungata esperienza di trincea, hanno subìto incessanti bombardamenti, sono stati travolti da esplosioni e sepolti sotto le macerie, hanno visto cadere numerosi compagni accanto a sé.
Lo scenario convulso della battaglia o quello della trincea sconvolta dalle artiglierie costituiscono il contesto in cui la malattia si sviluppa, producendo in primo luogo confusione mentale e disgregazione della memoria.
Spesso i soldati colpiti cadono in atteggiamenti animaleschi e infantili, in una sorta di puerilismo.

Modellate sui valori della civiltà urbana, sedentaria, industriale e sul presupposto implicito della loro superiorità, le scienze psichiatriche e criminologiche guardano con sospetto alle tracce di una persistente tendenza alla mobilità, all’emigrazione e al vagabondaggio. A questa riconducono le diverse forme di fuga e diserzione militare, intese come manifestazioni morbose e sintomi di uno stato di inferiorità consistente nell’incapacità di adattamento a organismi complessi e disciplinati, regolati da norme rigide, quali l’esercito.
In più di un caso fughe e diserzioni si presentano come gesti «folli», e come tali vengono trattate, almeno in sede psichiatrica.

Tratto da L'OFFICINA DELLA GUERRA di Anna Bosetti
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