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L’ultimo tentativo riformatore la Cina

L’ultimo tentativo riformatore la Cina

La restaurazione conservatrice operata dall’imperatrice Cixi contro i modernisti di Kang Youwei non valse a stabilizzare la situazione. L’opposizione alla dinastia e all’operato del suo governo continuava a crescere nel paese. Nel tentativo di ritrovare un certo consenso il regime fu costretto a riprendere l’opera riformista che era stata messa in campo da Kang Youwei, ma la sfiducia aveva ormai raggiunto un punto critico e anzi, gli stessi effetti dirompenti prodotti da queste riforme, avrebbero accelerato l’inevitabile processo di esautorazione della dinastia. Cionondimeno vale la pena di spendere due parole in quello che fu l’ultimo tentativo di modernizzazione operato dal sistema di potere imperiale.
Le riforme più significative riguardarono i contenuti dell’istruzione e del sistema degli esami, dove il primo ministro Zhang Zhidong promosse una profonda riorganizzazione ispirandosi al modello giapponese. I curricula tradizionali, fondati sui classici, vennero grandemente modificati, e furono introdotti nuovi settori disciplinari che comprendevano l’apprendimento della storia dei paesi stranieri e del ‘nuovo sapere’ occidentale. L’intero sistema scolastico venne riorganizzato con l’isti-tuzione di scuole elementari, medie e superiori sull’esempio di quelle occidentali. Nel 1902 fu fondata l’università di Pechino e, nel 1905, si giunse addirittura alla soppressione dei secolari esami imperiali: una decisione che ebbe importanti risvolti, perché variando il metodo abituale di selezione dei funzionari, venivano sconvolti alcuni equilibri consolidati e si interrompeva la tradizionale omogeneità culturale della classe dirigente. Parimenti fu in ogni modo incoraggiato l’invio all’este-ro degli studenti; dal 1902, ad esempio, il numero di studenti cinesi recatisi in Giappone, passò da 271 a 15mila nel 1907. Si trattò anche in questo caso di un fatto gravido di conseguenze, spesso negative, per la dinastia, poiché andando all’estero questi studenti realizzavano l’arretratezza del loro paese o prendevano contatto con le varie organizzazioni cinesi stabilitesi all’estero (come quella che Kang Youwei aveva costruito a Tokio). Tornati in patria si trasformavano in riformisti, e spesso, essendo i giovani radicali per natura, abbracciavano le tesi antimancesi o repubblicane. 
Anche l’organizzazione militare fu riformata. Si mirava prima di tutto a ritrasformare le forze armate imperiali (basate sulle armate regionali organizzate durante le rivolte ottocentesche), in un corpo unico al servizio e sotto il comando diretto del potere centrale. A tale scopo furono stanziati ingenti finanziamenti e chiamati esperiti giapponesi ad insegnare le nuove tattiche e l’uso delle nuove armi occidentali. L’obiettivo di trasformare l’esercito in un corpo unico fu del tutto mancato (anche dopo l’istituzione del ministero della Guerra nel 1906); alla fine le forze equipaggiate ed addestrate in maniera moderna apparvero sostanzialmente divise in due grandi armate, quella del Nord comandata del generale Yuan Shikai, e quella dell’Hubei, formatasi per iniziativa di Zhang Zhidong. Tale concentrazione di potere nelle mani del generale Yuan Shikai avrebbe avuto un peso decisivo nella rivolta che avrebbe portato all’instaurazione della Repubblica. 
Infine fu varata una grande riforma istituzionale, con il duplice obiettivo di fornire al paese la parvenza di istituzioni politiche simili a quelle occidentali (tre poteri, rappresentanza), che alcune correnti di pensiero cinese ritenevano essere l’origine della forza delle potenze europee; e con quello di rafforzare il potere centrale e fornirgli migliori strumenti di controllo ed azione a livello locale. Così nel 1906 fu annunciato che la dinastia accettava il principio costituzionale e nel 1907 venivano composte sia l’Assemblea costituente che la legge per l’elezione delle Assemblee provinciali. Mentre l’Assemblea costituente iniziava i suoi lavori ponendosi un temine di nove anni, le Assemblee provinciali furono presto riunite (1909). Pensate dalla corte come un sistema per formalizzare il sistema di potere locale (il corpo elettorale ristrettissimo era appena lo 0,3%) in organi inquadrabili, coordinabili (e soprattutto controllabili) all’interno dell’apparato statale, le Assemblee si trasformarono in realtà ben presto, più in un problema che in un aiuto al potere centrale, poiché tendevano ad essere, a seconda degli interessi locali, un opposizione conservatrice o un manipoli riformista.
Ormai privata del mandato celeste agli occhi di porzioni sempre più ampie della popolazione, a causa della sua incapacità nel fronteggiare gli stranieri e nel riassettare la vita sociale ed economica, la dinastia Qing fu ulteriormente indebolita dalla morte, fra il 1908 e il 1909, di alcuni dei suoi maggiori personaggi politici: in primis l’imperatore Guangxu (regno: 1875-1908), poi l’imperatrice vedova Cixi e infine lo statista Zhang Zhindong. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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