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Il senso della clinica in psicologia

Punto di convergenza psicologia di comunità ed ottica clinica facendo proprio quell’atteggiamento di “cura per l’uomo” nel quale si esprime la sua spinta costruttiva e solidaristica con cui la nostra specie cerca di frenare le sue istanze distruttive ed egoistiche, la psicologia di comunità trova la sua finalità nella tradizione che si accosta all’essere umano non puramente per studiarlo ma per aiutarlo. 
L’ottica clinica in psicologia ha assunto consistenti aspetti della tradizione medica, che si è indirizzata all’essere umano sulla base di un intervento diretto a reintegrarlo nelle sue capacità, se possibile, o almeno ad alleviarne le sofferenze. La psicologia clinica ha contribuito a far maturare un atteggiamento di fondo che riguarda tutta la psicologia quando essa, non importa in quale settore specifico, si rivolge ai problemi delle persone. 
Lo psicologo impara che cosa significa unire “alla ricerca le preoccupazioni pratiche”, operando in funzione “non solo del conoscere ma dell’aiutare”. Questo spirito è recepito dalla psicologia di comunità. Anche se essa si diversifica dalla psicologia clinica per vari versi, non è e non può essere sicuramente estranea all’ottica della clinica così intesa e non può neppure ignorare l’importanza che la formazione clinica ha per lo psicologo quando, accanto al versante sociale dei problemi, voglia coglierne anche il versante individuale. 
Psicologia di comunità è sociale ma anche clinica, intendendo per clinica un atteggiamento intellettuale di base si rivolge alla comunità come soggetto globale, ma non per questo rinuncia alla centralità della persona umana e della “cura” che ad essa si deve sul piano dell’individualità. 
Al di là dell’ottica individualistico-naturalistica 
L'ottica individualistica vede i processi psicologici come interni all'individuo identificato essenzialmente come un organismo; il suo riduzionismo appare quando porta a vedere i problemi come “derivanti da disfunzioni psicofisiche” guasti di una macchina presupposta sana per cui si interviene più sulla macchina che sull'ambiente. 
Per la P. di C. i problemi umani sono costituiti da un insieme di aspetti sociali e soggettivi. 
L'ottica naturalistica vede l'uomo e la società come fenomeni naturali cioè essenze, nei fondamenti di base, sempre uguali a se stesse governate da leggi di cui sono intrinsecamente dotate per natura. Uscire dall'ottica naturalistica non significa negare il patrimonio genetico ma riconoscere che i dati biologici di base sono solo un punto di partenza. I bisogni basici (mangiare ecc.) si sono rivestiti di cultura, l'ambiente in cui viviamo non è un ambiente naturale in senso stretto ma un ambiente socio-culturale. 
Conseguenze dell'ottica naturalistica: 1) impoverisce l'uomo riducendo il suo agire a un comportamento basato su cause/effetto al di la di ogni decisione soggettiva, 2) irrigidisce la concezione di contesto sociale perché anziché essere un prodotto costruito dall'uomo è un dato fisso ed immutabile. 
Il senso della comunità 
La psicologia di comunità colloca la sua ottica non nel sociale generico che spesso fa da sfondo alla psicologia, ma nel contesto, storicamente determinato, degli eventi culturali, politici, economici, religiosi nel quale le forme della vita collettiva si sono sviluppate coinvolgendo nell’attività mentale e pratica istanze normative, principi, valori, interessi di gruppi e categorie, relazioni di solidarietà e rapporti di potere. 
L’idea di comunità rimanda fondamentalmente ad un particolare tipo di rapporto tra i membri di queste organizzazioni sociali fondato sulla prospettiva di un bene comune più che non sulla mera tutela di interessi particolaristici, su criteri non tanto economicistici ed utilitaristici, quanto su istanze di solidarietà e sul senso positivo dello stare insieme. Oggi guardiamo a quest’idea più come ad una tensione che ad una realtà concreta: una tensione non marginale. 
Cenni di un programma teorico-metodolgico 
I problemi umani nell’interfaccia tra il sociale e l’individuale, si sono venuti formando nel corso delle vicende storico culturali ed hanno assunto il loro significato anche soggettivo ed è pur sempre l’individuo (da solo o in gruppo) che è chiamato ad affrontarli attraverso le sue scelte, decisioni ed azioni. 
Non sempre le azioni sono frutto delle intenzioni individuali: esse sono spesso imposte dalle circostanze, da vari aspetti normativi del sistema sociale, dal potere di altri uomini. Sappiamo che spesso le scelte non sono veramente libere, ma obbligate, e che le decisioni non sono che una conseguenza della forza delle cose. Ma tali “cose” non stanno nel grembo del destino o della natura o di qualche altra “causa necessaria”: esse sono in genere un prodotto sociale. E questo vale anche per il potere che può agire sull’uomo, che è in genere il potere di altri uomini. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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