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La popolazione nel passato

Se è difficile quantificare la dimensione della popolazione attuale è evidentemente assai più complessa una stima, anche approssimata, della popolazione del passato e delle suo sviluppo nel corso dei tempi. 
Ciò è applicabile alla popolazione di un passato lontano così come a quella di un passato anche prossimo. Non esistono infatti documenti certi su cui basare tali ricostruzioni se non per particolari e ristrette aree geografiche e per periodi storici relativamente recenti. I primi censimenti della popolazione realizzzati con criteri in un certo senso moderni furono effettuati in alcuni paesi del nord Europa solo a partire dalla fine del diciottesimo secolo. I vari rivolgimenti storici del Vecchio Continente hanno portato ad una configurazione politica abbastanza simile a quella attuale solo nella seconda metà dell’Ottocento, tanto che la confrontabilità dei dati per produrre e riuscire a comprendere realisticamente delle serie storiche si può dire ragionevole solo a partire da allora. Vero è che già con la nascita degli stati moderni era sorta l’esigenza di precise rilevazioni demografiche, ma la sporadicità di tali operazioni, la frammentarietà e l’inadeguatezza dei metodi di rilevamento, le variabilità territoriali e a volte le stesse discriminazioni sociali, hanno prodotto un universo di micro osservazioni che, già deboli per i singoli casi, non possono essere certamente assommate per un tentativo di proiezioni. 
In altre parole anche per l’Europa Occidentale, che parrebbe il campo di osservazione più ricco di informazioni e quindi più ragionevolmente affrontabile, qualunque tentativo di stima porterebbe con sé grandi inesattezze. Immaginiamoci allora quello che può essere un’osservazione a ritroso per ambiti geografici in cui le informazioni geografiche, più o meno approssimate, sono solo un fatto recentissimo e nei quali le stesse vicende storiche relative alla popolazione nel suo complesso sono incerte. Immaginiamo ad esempio estesi territori come l’Africa Nera o le estese pianure dell’Asia centro settentrionale o ancora i vasti complessi arcipelagici del Pacifico che hanno visto straordinari spostamenti di intere popolazioni in secoli anche non molto lontani da oggi.
Allo stesso modo è assai discutibile calcolare con procedimenti matematici l’ammontare della popolazione del passato partendo dall’entità e dagli indici di sviluppo di quella attuale. Se, per esempio, si considerassero i ritmi di accrescimento odierni anche ragionevolmente riponderati facendo un calcolo a ritroso, risulterebbe che la popolazione mondiale avrebbe avuto un valore prossimo allo zero intorno ad un migliaio di anni fa. La specie umana attuale compariva invece sulla terra, sempre secondo la formulazione ufficiale delle Nazioni Unite, tra i cinquecento e seicentomila anni fa, subendo solo differenziazioni somatiche conseguenti forse all’adattamento a climi ed ambienti diversi e aumentando costantemente. Un solo dato è quindi certo: che lo sviluppo della popolazione mondiale avveniva con ritmi moderati per migliaia e migliaia di anni per poi registrare incrementi sempre più forti negli ultimi due secoli ed in particolare nell’ultimo cinquantennio.
Tutto ciò, a partire dall’inizio degli anni Settanta, quando il problema dell’aumento della popolazione mondiale cominciava ad essere osservato con un certa perplessità, ha determinato poi tutta una serie di allarmismi, talvolta esasperati e poggianti su proiezioni un po’ esagerate, ma che comunque partivano da elementi di osservazione realistici. La popolazione mondiale, come si è detto, raggiungeva il miliardo intorno ai primissimi decenni del 1800 per raddoppiare dopo un secolo, raddoppiare ancora dopo meno di cinquant’anni e lasciar supporre un’ulteriore raddoppio in circa altri trenta. 
Per questo motivo si cominciò a parlare della questione come di un incombente problema mondiale utilizzando in proposito una terminologia ridondante quanto ricca di effetto: esplosione demografica, boom demografico, ecc. L’elemento principale di preoccupazione era comunque legato  non tanto al numero degli abitanti di per se stesso quanto al loro rapporto con le risorse, specialmente alimentari, ed al fatto che i più forti incrementi di popolazione si registravano nelle aree più popolate e più povere del mondo. 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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