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Secondo impero cinese (dinastie Sui e Tang)

Secondo impero cinese (dinastie Sui e Tang)

Artefice della riunificazione nazionale fu Yang Jiang, aristocratico del nord la cui famiglia aveva probabilmente lontane origini barbare. Egli riuscì nel 581 ad impossessarsi del potere nel regno settentrionale (ormai divenuto forte grazie alla riforma della perequazione agraria). Prima di intraprendere la guerra per la riunificazione innescò -servendosi di machiavellici giochi diplomatici- una violenta faida all’interno della potente confederazione dei turchi, una popolazione barbara che aveva invaso tutta l’Asia centrale e la Mongolia. Risolto il pericolo dei barbari inizio nel 587 la guerra per la riunificazione, che fu conclusa con successo nel 589, quando l’imperò tornò ad essere unificato sotto la nuova dinastia dei Sui. 
Nel 604 a Yang Jiang succedette il figlio Yang Guang, che continuò, ampliandola, l’azione consolidatrice del padre: fu praticamente costruito il Gran Canale e ristrutturata la Grande Muraglia, mentre in politica estera veniva ripreso il Vietnam e ‘bastonati’ nuovamente i barbari turchi del nord. L’unico insuccesso furono le tre costose spedizioni militari fallite contro il potente regno barbaro di Koguryo, sorto far Corea e Manciuria. L’insuccesso fu colto a pretesto da alcuni esponenti della stessa dinastia, e fondendosi al generale malcontento popolare per le tasse e per le troppe corvè di lavoro alle infrastrutture, si manifesto con una violenta serie di insurrezioni in tutto il paese. 

DINASTIA TANG

In questo clima di grande confusione, uno dei maggiori generali dell’esercito, Li Yuan, decise di tradire i Sui e fondare una nuova dinastia, i Tang. Quindi si dedicò alla difficile opera di pacificazione dell’Impero. Nel 626 gli succedette al trono il figlio Li Shimin (la cui ascesa è probabilmente legata ad un fatto di sangue), ciò nonostante il suo regno sarebbe stato ricordato dalla storiografia come un modello di saggezza e virtù. Durante il suo regno infatti, l’Impero tornò ai fasti dell’epoca Han, trasformandosi nella maggior potenza mondiale; inoltre ai barbari-turchi del Nord fu data un’altra bella legnata; l’unica questione aperte rimase il regno di Koguryo.
Nel 649 Li Shimin cedette il trono al figlio Li Zhi, che però fu presto succube della sua concubina e poi moglie, l’imperatrice Wu Zetian, la quale fondò anche una nuova dinastia nel 690 dopo la morte del marito. Dichiarato come usurpatrice per eccellenza, il regno dell’imperatrice Wu non fu tuttavia un periodo negativo: fu continuato il potere imperiale, rafforzato il sistema degli esami e ottenuti importanti successi militari, come la sconfitta dell’ostinato regno di Koguryo (che avrebbe poco dopo portato all’unificazione della Corea) e un’altra bella lezione ai barbari turchi del Nord (anzi, per un breve periodo la sovranità cinese si sarebbe estesa a tutta l’Asia centrale). Sotto il suo regno l’Impero dovette anche affrontare il nuovo problema dell’espansionismo dei tibetani, che sconfissero a più riprese gli eserciti imperiali inviati a bloccarli. Alla fine, si riuscì ad arginare il loro espansionismo, ma solo al prezzo di lasciare stanziati in permanenza diversi contingenti del-l’esercito presso le zone di confine (anche quelle nord-orientali, dove le popolazioni barbare del nord avevano ripreso a compiere scorrerie). Nel 705 l’imperatrice dovette abdicare a seguito di un colpo di stato che ripristinava la dinastia Tang e riportava la trono Zhongzong (figlio suo e di Li Zhi) ma considerato come continuatore della dinastia Tang. 
Il regno di quest’ultimo si dimostrò però debole ed insicuro, ma grazie ad un colpo di stato suo nipote, Li Longji, poté salire al trono iniziando un regno tanto lodato per la sua prima parte quanto denigrato per la seconda. Nella prima furono ottenuti grandi successi in campo amministrativo, soprattutto nel combattere l’evasione fiscale da parte della grandi famiglie e fu istituito il sistema dei governatori militari per difendere i confini. La seconda parte è quella che vide l’instabilità crescere a causa dell’influenza presso l’imperatore della graziosa consorte. Proprio questa influenza determinò la ribellione del potente governatore militare Al Lushan e l’inizio di una grave guerra civile che per più di dieci anni scompigliò il paese determinando le future sorti del Secondo impero e dei Tang. I vari imperatori che si succedettero infatti, nonostante alcuni momenti di successo, non riuscirono più a togliere potere ai militari e a riaffermare il potere del governo centrale. La rivolta di Al Lushan aveva definitivamente abbattuto la struttura centralizzata dell’impero e aveva anche dato il colpo di grazia alla vecchia riforma della perequazione agraria. L’impero andò quindi inesorabilmente deteriorandosi, fino a quando nel 881 scoppiò una grave insurrezione che portò alla ribalta un abile generale di nome Zhu Wen che pose fine alla dinastia Tang.
Altre conseguenze della rivolta furono l’espansione dei commerci, dovuta paradossalmente proprio alla frammentazione politica, che sottraendo al centro la capacità di accumulare risorse (che poi venivano spese per l’interesse generale), le lasciava nei luoghi dove esse venivano prodotte e dove venivano spese in maggiore domanda di beni e servizi e in investimenti produttivi. Inoltre la dinastia Tang vide anche la progressiva decadenza del buddismo come grande chiesa organizzata; ciò era dovuto alla preferenza che accordarono al confucianesimo e al taoismo, favorite in quanto nazionali, mentre il buddismo era di origine straniera e perché rifiutava di inchinarsi al potere politico.

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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