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Lineamenti del modello integrato per la ricerca e per l’intervento in psicologia della comunità

Il modello va visto come un diagramma di flusso che rappresenta una serie di eventi, processi, situazioni, azioni, attività cognitive che si svolgono con successione nel tempo: 
EVENTO PROBLEMATICO che agisce su una PERSONA in SITUAZIONE, in un CONTESTO. Il contesto può assumere dimensioni multiple diverse, ai poli estremi una dimensione geografica ed una puramente affettiva gli ambiti contestuali in cui si succedono eventi interessanti l’esistenza umana hanno quasi sempre una dimensione materiale connessa con una umano-sociale

SITUAZIONE (una persona o più persone sono sempre in situazione, cioè inserite in una serie di fatti, relazioni, ruoli, azioni, responsabilità, che contribuiscono, per un verso, a definirle – in certo senso a “costituirle” – e, per altro verso, a definire anche la situazione stessa) definita nei suoi aspetti OGGETTIVIil problema produce effetti sociali e materiali e SOGGETTIVI filtrati dalle percezioni, valutazioni ed interazioni degli individui DUPLICE IMPATTO che l’evento problematico ha nel produrre cambiamenti a livello della realtà materiale e/o sociale, indipendentemente dai significati che l’essere umano vi può portare nell’incidere, invece, sulla persona passando in questo caso attraverso quella fase di APPRAISAL che dà all’evento ed alla situazione complessiva il suo significato umano e sociale. A seguito dell’evento si produce una nuova situazione ed una “nuova” persona in situazione nuova anche la persona in quanto il suo stato complessivo non è più quello che era. 
Dalla persona in situazione promana il processo DINAMICO e complesso di COPING. Una qualche forma di reazione avviene quasi automaticamente già mentre l’evento succede, soprattutto per quanto concerne gli aspetti emozionali il coping è parte integrante del fenomeno emozionale. Il coping diretto a fronteggiare gli aspetti pratici della situazione è di natura diversa sicuramente assai poco automatico, esso impegna eminentemente il SOGGETTO dell’AZIONE, ossia un essere umano che in modo razionale (per le sue capacità e risorse) analizza la situazione, pianifica azioni e relazioni, cerca di trovare mezzi adeguati ai fini. Nel coping l’attività psicologica (sia mentale sia pratica) è accompagnata da un’attività fisiologica (bioelettrica e biochimica) sulla quale il soggetto ha, ovviamente, uno scarso controllo, e che avverte, a livello psicologico, solo in quella minima parte che riesce a passare per la stretta finestra della coscienza. È un processo che si snoda attraverso quei tipici meccanismi di andata-ritorno (feedback) si mettono in atto attività mentali, fisico-motorie, azioni pratiche tali attività modificano in qualche modo il quadro fisiologico, mentale e/o pratico della situazione i risultati (controllati o no a livello conscio) mettono in moto altre attività e così via. Tutto ciò spesso in tempi molto brevi all’inizio, poi via via più lunghi per guanto concerne la sfera psichica, soprattutto emozionale; in genere in tempi lunghi per quanto riguarda il coping rivolto a fronteggiare gli aspetti concreti della situazione. L’interazione tra i due tipi di coping è complicata. L’impegno sul problema pratico richiede un impiego di energie psicofisiologiche notevole, e quindi un’attivazione a livello del SNC, e presumibilmente anche a livello autonomico (SNA), che va ad aggiungersi all’attività mentale ed all’AUROSAL già messo in atto dall’evento scatenante. Possono aumentare anche le occasioni di ulteriore stress (contattare persone, cercare modi di presentazione…) effetti discordanti (stati positivi dovuti alla senso di auto-efficacia ma anche aumentare le dinamiche negative, emozioni, ansie). La psicologia di comunità ha spesso a che fare con problemi di lunga durata. LEVI ha verificato che le situazioni non producono in genere manifestazioni evidenti di ordine patologico, ma piuttosto delle variazioni notevoli del quadro neuro-endocrino che costituiscono la base per future situazioni di malattia e quindi di diminuzione delle energie per fronteggiare altre eventuali e più specifiche situazioni critiche. In tali situazioni spesso il coping per produrre difesa psicologica può avere effetti di immobilizzazione e divenire negativo ai fini dell’azione diretta a fronteggiare la situazione concreta. 
RISORSE di COPING PERSONALI e PSICOLOGICHE (che derivano dalla persona e dalla sua storia personale, dalle sue qualità innate o acquisite, dai modi di agire che essa ha maturato nei confronti dell’ambiente e degli altri importante SELF-EFFICACY BANDURA alla quale concorrono processi di attribuzione, di auto-stima e di prefigurazione del futuro) MATERIALI e SOCIALI (quelle che il contesto può offrire insieme delle relazioni sociali della persona con gli altri RETE SOCIALE fa sentire il suo peso sin dalle prime fasi dell’appraisal, in quanto la “presenza dell’Altro” è quasi sempre viva nella nostra mente spesso problemi e situazioni critiche sono affrontati non dalla persona isolata ma dall’insieme delle persone che condividono, direttamente o indirettamente, il problema) La RETE SOCIALE costituisce spesso il collegamento tra le risorse personali e quelle sociali-oggettive che possono essere materiali e simboliche e porsi a diversi livelli. Alcune risorse sociali oggettive si danno nel contesto ed agiscono direttamente sulla dimensione oggettiva, del tutto indipendentemente dalla percezione, dalla valutazione e dall’utilizzo della persona. Altre sono presenti ma devono essere percepite come tali. 
Il problema può essere RISOLTO sul versante PSICOLOGICO e SOCIALE o solo su uno dei due. Se è risolto solo su quello SOCIALE può METTERE FINE alla SEQUENZA. Se è risolto solo su quello PSICOLOGICO il problema ancora esistente può produrre NUOVE SITUAZIONI di STRESS. 
Il coping può non riuscire frustrazione e depressione. 
La non riuscita del coping alla lunga può produrre anche stati patologici. Un aspetto particolare di tali esiti negativi è costituito dal radicarsi e stabilizzarsi non solo di patologie in senso tradizionale “clinico”, ma di situazioni umane contrassegnate da apatia, scarsa fiducia in sé e nelle possibilità sociali (istituzionali e non), chiusura affettiva e sociale, emarginazione in sintesi i classici tratti della PERSONA DISEMPOWERED. 
INTERVENTI Di natura NON PSICOLOGICA servizi ISTITUZIONALI di vario tipo ma anche SOLIDARIETÀ e VOLONTARIATO Di natura PSICOLOGICA ACTION RESEARCH, EMPOWERMENT La base di questi interventi poggia su un assunto fondamentale il SIGNIFICATO PSICOLOGICO a livello di CURA e di SVILUPPO della persona, della RELAZIONE INTERPERSONALE, della PARTECIPAZIONE ATTIVA alla gestione di sé e delle situazioni, dell’AZIONE CONCRETAMENTE AGITA (e non solo simbolizzata e “sospesa” nel setting) In tale assunto trova una concretizzazione psicologica il percorso delineato nei capitoli precedenti il senso dell’individuo come principio e come valore che è riconosciuto come tale grazie alla sua dimensione sociale; il senso della partecipazione alla costruzione di quel bene comune, che è alla base della comunità come depositaria di valori umani; il senso costruttivo dell’azione come processo che articola attività mentale ed attività pratica, la sfera individuale e quella sociale, fornendo all’individuo la possibilità non solo di adattarsi al contesto, ma di operare per cambiarlo. Lo psicologo di comunità è uno che estende la sua analisi “dal caso al problema”, e che sa che il problema ha molte dimensioni queste, peraltro, si intersecano sempre nelle persone che in qualche modo lo vivono. Una coordinazione degli interventi possibili non può, quindi, essere vista solo come un fatto tecnico deve essere analizzata e discussa anche sul piano più precisamente umano, e lo psicologo di comunità deve essere preparato per dare a tale piano una consistenza effettiva nell’ambito di una “teoria della pratica”. L’intervento può collocarsi in vari punti del “percorso critico”. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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