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Così parlo Zarathustra di Nietzsche


Così parlo Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno apre la terza fase del filosofare di Nietzsche. Dopo la morte di Dio, si aprono due possibilità: l’ultimo uomo e il superuomo, opposti. Nietzsche elegge Zarathustra a portavoce delle proprie idee in quanto viene interpretato secondo il modello dell’autosoppressione della morale, ossia come colui, che essendo stato il primo ad aver tradotto la morale in termini metafisici, sarebbe stato anche il primo ad essersi accorto dell’errore.

I temi di base di Zarathustra sono il superuomo, la volontà di potenza (sviluppato soprattutto negli ultimi scritti) e l’eterno ritorno. Il superuomo è colui che è in grado di accettare la dimensione tragica dell’esistenza, di dir sì alla vita, di reggere la morte di Dio e la perdita delle certezze asso-lute, di emanciparsi dalla morale, di porsi come volontà di potenza e procedere oltre il nichilismo.

Nietzsche presenta il superuomo come il senso della terra e come il fautore di un’antidealistica fedeltà al mondo: Vi scongiuro fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! L’anima è insussistente, l’uomo è corpo.

Nel primo discorso, Delle tre metamorfosi, Nietzsche descrive le tre metamorfosi dello spirito. Il cammello è l’uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a Dio all’insegna del Tu devi. Il leone è l’uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici, all’insegna dell’io voglio e nell’ambito di una libertà ancora negativa: libertà da e non di. Il fanciullo è lo spirito libero.

Nietzsche sottolinea il carattere elitario del superuomo, un’elite che non si limita a erigersi al di sopra delle masse ma che, nella sua qualità di razza dominatrice, ha bisogno della schiavitù delle masse come sua base e condizione. Ciò però non significa che il superomismo metta capo ad un progetto politico: Nietzsche denuncia tutti gli idoli politici del suo tempo.

Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno all’Uguale, ovvero della ripetizione eterna di tutte le vicende del mondo come il pensiero più profondo della sua filosofia. La prima reazione di fronte alla prospettiva dell’eterno ritorno è il terrore e senso di peso. Ad essa però si oppone la gioia entusiastica, tipica del superuomo e della sua accettazione totale della vita.

La formulazione più eloquente della teoria dell’eterno ritorno si trova nel discorso su “La visione e l’enigma”. La scena del pastore che morde la testa al serpente, trasformandosi in creatura luminosa allude al fatto che l’uomo (il pastore) può trasformarsi in creatura superiore (il superuomo) solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del pensiero dell’eterno ritorno (il serpente) mediante una decisione coraggiosa (il morso alla testa del serpente).

Nonostante le difficoltà interpretative, collocarsi nell’ottica dell’eterno vuol dire rifiutare una concezione lineare del tempo come catena di momenti in cui ognuno ha senso solo in funzione degli altri. In tale dottrina, nessun momento ha davvero una pienezza autosufficiente di significato.
Viceversa, credere nell’eterno ritorno significa ritenere che il senso dell’essere non sia fuori dall’essere, ma nell’essere stesso, e il disporsi a vivere la vita, e ogni attimo di essa.

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Nietzsche