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Padre padrone (1976) - Paolo e Vittorio Taviani


Siamo nella selvaggia Sardegna degli anni '40; Gavino Ledda bambino di 6 anni viene costretto dopo soli due mesi di scuola ad abbandonare l'istruzione per aiutare il padre a governare il gregge a Baddhevrùstana. Gavino cresce nel pieno isolamento dalla civiltà e dai contatti umani. Sarà il reclutamento nell'esercito a 21 anni a permettergli di fuggire da questa oppressione e di staccarsi dal rapporto di pseudo-schiavitù che lo legava al padre. Padre, padrone, come compare a Gavino Ledda, protagonista del film, durante la lettura del dizionario in cui cerca di conoscere a fondo i rudimenti della lingua italiana, e a cui si appassionerà nonostante i moltissimi anni passati nel pieno analfabetismo e nella servitù verso il proprio padre. Questo film si basa liberamente sulla storia raccontata dal letterato e glottologo dalla sua infanzia agli studi universitari tanto avversati dal padre. Gavino viene strappato dalla scuola in tenera età dal padre e costretto ad aiutarlo nei lavori di pastorizia. Il povero ragazzo cresce nella costrizione, nel sacrificio oppresso dalla forte personalità del padre che ha una concezione della realtà volta a considerare come nullità qualsiasi persona che non adoperi le proprie braccia per produrre, e ad avere una tendenza possessiva verso tutto ciò che è frutto del proprio lavoro e sacrificio, da qui padre padrone. Lo sfondo della Sardegna degli anni '40, selvaggia e allo stesso tempo brulla, ben identifica lo stato di smarrimento e oppressione che perseguita Gavino per tutto l'arco della sua gioventù , vissuta lontana dalle gioie e dalla crescita intellettuale che tutti i ragazzi della sua età meritavano di ricevere, e che invece vengono eliminate letteralmente, alimentando in lui e nei suoi compagni, che purtroppo hanno avuto lo stesso destino, paure angosce e atteggiamenti morbosi scatenati ad esempio a causa di accostamento alla sessualità in maniera traumatica e inconsapevole. Gavino percorre una sorta di cammino catartico, in cui riesce in parte a liberarsi dai grovigli dell'ignoranza che la sua posizione gli ha comportato. Cammino rappresentato dall'accostamento entusiastico e quasi ingenuo verso un vecchio vocabolario prestatogli da un compagno di leva (Nanni Moretti) la cui lettura rappresenta un vero e proprio climax ascendente verso la meta finale, la coscienza di sé e la decisione di non essere più comandato ma di perseguire i propri interessi: gli studi letterari all'università e la profonda ricerca nei meandri della lingua italiana e delle sue sfumature. La scintilla di questo cammino è ben rappresentato dalla buffa scena di due suonatori di fisarmonica che incuriosiscono Gavino,che fino a quel momento era rimasto sempre inerme e spettatore delle scelte del padre. Gavino è affascinato dalla musica e vuole avvicinarsi ad essa, imparare, verbo che diventerà una costante da quel momento in poi. Gavino infine apprende anche una elemento fondamentale, come anche lui stesso fa notare allo spettatore: la letteratura nel suo caso, ma più in generale l'accrescimento intellettuale è un arma molto forte, che nel continente gli avrebbe permesso di godere di grande privilegio rispetto alla massa d'ignoranza. Ma questo cosa significa? Significa commettere quel gesto che lui stesso aveva tanto avversato al padre, l'errore di essere padre padrone, gestire un potere così forte (nel caso del padre, quello di essere pater familias) in mano ad uno solo o comunque a pochi recando danno e oppressione verso gli altri tanto da rivendicarne il diritto unico di possederlo e gestirlo.

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