Skip to content

Ranking delle università: quanto sono affidabili?

16 gennaio 2017

Quando Times Higher Education o QS Top Universities pubblicano i loro ranking internazionali delle università, la diffusione dei dati è notevole.
Anche noi ci siamo affrettati a darvi i risultati dell’ultima ricerca (in ordine di tempo) di THE.

L’attenzione verso queste ricerche si è alzata negli ultimi anni, perché, a fronte di fondi per l’educazione sempre più risicati, spesso le università e gli stessi Stati modificano le loro politiche su come e dove elargire soldi in base alle posizioni raggiunte in classifica.

Ma quanto sono affidabili queste ricerche?
Secondo International university rankings: For good or ill? , uno studio pubblicato da HEPI - un think tank inglese indipendente -, i ranking internazionali delle università sarebbero non solo scorretti, ma persino dannosi.
Bahram Bekhradnia sostiene che “[…] i ranking internazionali sono basati interamente su criteri legati alle pubblicazioni di ricerche e se le università vogliono scalare la classifica devono concentrarsi esclusivamente su questa performance - a discapito della qualità dell’insegnamento, della partecipazione e di altre attività”.

Oltre a questa limitazione, la critica forte di Bekhradnia riguarda la qualità dei dati utilizzati per stendere le classifiche.
I problemi principali riguardano la mancanza di controlli della veridicità dei dati trasmessi dalle università - visti gli interessi in gioco - e la difficoltà di uniformare a livello globale la definizione di categorie come “studente” o “docente”, che hanno spesso molte sfumature.

La conclusione di Bekhradnia è quindi che studenti, università e soprattutto governi non dovrebbero considerare queste classifiche se vogliono perseguire una vera qualità di insegnamento.

Si oppongono a questa conclusione i centri di ricerca promotori dei ranking: rispondendo punto a punto alle critiche di Bekhradnia in un articolo pubblicato su University World News sostengono non solo la qualità, il rigore e l’indipendenza delle loro ricerche, sebbene ammettano che possano essere semplicistiche nel dare una valutazione globale e dunque migliorabili, ma sostengono che lo studio di HEPI boccia in toto il loro lavoro senza tener conto di tutti quelli che hanno un approccio olistico alle classifiche e le considerano solo per quegli aspetti su cui sono capaci di gettar luce, utilizzando poi altri parametri per guidare le loro scelte definitive.