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L'elezione diretta del Presidente della Regione siciliana

La Legge Costituzionale del 1999 N°1,relativamente alle Regioni ordinarie e la Legge costituzionale N°2/01 di revisione degli Statuti delle Regioni speciali,considerate come la prima vera e sostanziale opera di svecchiamento per ciò che concerne l’organizzazione politica regionale, hanno allargato notevolmente l’autonomia delle Regioni in tema di forma di governo e in materia elettorale, incentrandosi principalmente sull’introduzione di un sistema, derogabile dagli statuti, di elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione e contestualmente prevedendo congegni di stabilizzazione e rafforzamento della compagine esecutiva; un quadro di disposizioni che ha trovato la sua ratio sull’esigenza primaria avvertita dal legislatore di realizzare una centralità regionale attraverso una nuova politica basata su istituti di democrazia ”immediata” e di personalizzazione del potere,sulla scia delle già sperimentate innovazioni introdotte a suo tempo dall’ordinamento degli enti locali.Un favor quello del legislatore verso un assetto “presidenzialista” con riferimento alla “tendenza a un notevole rafforzamento della figura del Presidente della regione”che assurge ad assumere sempre piu’ un nuovo ruolo di “Governatore”: presidenzialista ma non “presidenziale” (vale a dire presidenziale in senso politologico, non giuridico)
Sulla scia di tale finalità il legislatore costituzionale ha previsto sostanzialmente 3 diversi regimi di governo per le Regioni: una disciplina costituzionale, standard o preferenziale che si ricalca sullo schema improntato sulla legittimazione democratica diretta e alla personalizzazione del potere come adottato già negli enti locali, una disciplina statutaria definitiva ma futuribile,che si muove e si muoverà entro i vincoli costituzionali espressi o impliciti stabiliti dal riformatore e evidenziati dal giudice costituzionale in un contesto che vede disposizioni costituzionali a derogabilità tout court e quelle a derogabilità condizionata, e una disciplina transitoria vigente,ma provvisoria fino alle nuove determinazioni delle Regioni stesse di cui all’art 5 della legge in oggetto.
Per quanto riguarda in particolare la regione Sicilia con la promulgazione e pubblicazione finale della legge regionale 3 giugno 2005, n. 7 “Norme per l’elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l’elezione dell’Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l’elezione dei consigli comunali e provinciali”, si è completato il mutamento del sistema elettorale siciliano, iniziato con la l.r. 20 marzo 1951, n. 29 (e successive modificazioni) e proseguito con la l.r. n. 43 del 2 febbraio 1995. La nuova normativa abbraccia un ambito materiale più ampio di quello costituito dalla disciplina della sola formula elettorale, concorrendo a tracciare, con lo Statuto, le linee-guida della forma di governo regionale costituendo un tassello fondamentale della stagione di riforme avviata dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, di modifica degli Statuti speciali.Si è quindi stabilizzata la scelta verso, come già visto, l’elezione diretta del Presidente della Regione mantenendo però per l’Assemblea regionale il potere di approvare a maggioranza assoluta dei suoi componenti una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Regione presentata da almeno un quinto dei suoi componenti e messa in discussione dopo almeno tre giorni dalla sua presentazione
Vale a dire che è stato preservato uno dei principi cardine della c.d. forma di governo «parlamentare», che, attraverso l’istituto principe del c.d. «indirizzo politico» del potere legislativo nei confronti di quello esecutivo, può determinare la crisi di governo nonostante il meccanismo di elezione diretta del Capo dell’Esecutivo, di chiara derivazione presidenziale . Una forma di governo “ibrida”che come analizzeremo,ricalca nei suoi meccanismi complessivi,quella prevista per gli enti locali,con una legittimazione popolare del Presidente al pari di quella contestuale ricevuta dall’assemblea,in un sistema di governo definito “bicefalo”

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1 INTRODUZIONE La riforma del Titolo V parte seconda della costituzione rappresenta, per il sistema delle autonomie regionali e locali un importante attuazione dei principi fondamentali dell’art. 5 e sancisce definitivamente l’avvio per un concreto assetto policentrico della repubblica e un nuovo modo di coniugare unita del sistema e ruolo delle autonomie. 1 Il dibattito sulla forma di stato dell’ordinamento costituzionale italiano ha registrato nel corso della fine del XX secolo una evidente accelerazione in quanto esso rappresentava uno dei cardini principali del confronto politico. In tutta la prima metà degli anni novanta i profondi cambiamenti politici e lo spostamento di notevoli consensi elettorali in particolare nel settentrione d’Italia verso movimenti federalisti, rese pressante per l’intera classe politica la richiesta di maggiori autonomie regionali e locali e quindi la consequenziale ricezione di idee autonomiste e federaliste. Tutto ciò ha favorito il varo, nell’ultimo decennio, di riforme legislative e costituzionali di grande rilievo 1 PIERGIGLI V. (a cura di ), Federalismo e devolution. Atti del Convegno di Studi. Universita' di Siena e Grosseto, 6 novembre, Milano, 2005, pag. 3 e ss

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Cinnirella
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Ignazio Prof. Marino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 262

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Parole chiave

autonomia regionale
elezione diretta
forma governo
legge elettorale
leggi statutarie
legittimazione diretta
mandato
presidente regione
rappresentanza
revisione
statutaria
statuto
titolo v

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