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APPROFONDIMENTI

I primi cinquant’anni della Richard III Society

23/05/2006

I primi cinquant’anni della Richard III Society

Schiacciato dalle vicende dei comuni e dei principati italiani, dalla caduta dell’Impero romano d’Oriente (1453), dalla congiura dei Pazzi (1478), dalla morte di Lorenzo il Magnifico e la scoperta dell’America (1492), lo studente italiano medio di storia medievale non dedica molto del suo tempo allo studio della guerra delle Due Rose e del rapido avvicendarsi di re sul trono inglese. Enrico VI, Edoardo IV e Riccardo III sono quasi degli sconosciuti qui in Italia, e quello che si conosce sull’ultimo di essi, Riccardo III, proviene più dalla conoscenza del dramma shakespeariano che non dalla storia. I libri di testo generalmente sbrigano in poche righe la complessa contrapposizione tra la rosa rossa di Lancaster e quella bianca di York, e per la descrizione di Riccardo bastano poche parole: “usurpatore” e “uccisore di bambini”. Del testo shakespeariano, d’altronde, ben studiato nonché spesso rappresentato anche in Italia, i più ricorderanno soprattutto l’esclamazione “Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!”, dall’ultimo atto, e il primo verso: “Ora l’inverno del nostro scontento…”. Gli spettatori o i lettori più attenti ricorderanno anche che Riccardo era gobbo, brutto e deforme.
Ma la realtà storica dietro la figura di Riccardo III è un’altra. Riccardo III non era gobbo né deforme. E non era neanche, quasi sicuramente, un uccisore di bambini, sebbene manchino prove certe che risolvano definitivamente il caso dei principi nella Torre.
Da cinquant’anni esiste in Gran Bretagna una specifica associazione, la Richard III Society, dedita alla riabilitazione del sovrano, vilipeso dalla propagandistica postuma della nuova dinastia dei Tudor, e allo studio del periodo in cui visse ed operò. Nato nel 1452 da Riccardo di York e da Cicely Neville, Riccardo, duca di Gloucester, con un irreprensibile passato da soldato e da “signore del Nord” (era il governatore delle regioni settentrionali dell’Inghilterra, lontane dall’amministrazione centrale di Londra) divenne re nel giugno del 1483 alla morte del fratello Edoardo IV, usurpando un trono che apparteneva di diritto al figlio minorenne di quest’ultimo, Edoardo di Galles. Dopo appena due anni di regno, durante i quali dovette affrontare e vincere una ribellione guidata dal duca di Buckingham, Riccardo perse la vita, la corona e la reputazione nella battaglia di Bosworth, 22 agosto 1485, contro il futuro Enrico VII, padre di Enrico VIII (famoso per le otto mogli e per aver creato la chiesa anglicana) e nonno di Elisabetta I. Conclusa infatti nel sangue la dinastia degli York, che già aveva avuto i suoi bravi problemi contro i Lancaster, la nuova dinastia Tudor si diede da fare per macchiarne il nome, attribuendo a Riccardo III una sfilza di atroci delitti, compresi, oltre alla famigerata uccisione dei nipotini, quella del fratello Giorgio di Clarence e della moglie, Anna Neville. Un secolo dopo, Shakespeare raccoglieva dagli storici suoi contemporanei queste alterazioni della verità storica nel suo capolavoro e le trasmetteva alle generazioni future.
Sin dal ‘600, in ogni caso, voci sporadiche – come quelle di George Buck e di Horace Walpole – misero in discussione la versione ufficiale dei fatti, inaugurando il filone revisionista del mito di Riccardo III, e aprendo la strada per la costituzione della Fellowship of the White Boar (dallo stemma di Riccardo III), fondata nel 1924 da Saxon Barton. Dopo un’ovvia fase di calo nel corso del secondo conflitto mondiale, la Fellowship venne riorganizzata e nel 1956 prese il nome di Richard III Society. Nel 1961 nacque la Sezione Americana, e in seguito anche quella australiana.
Attualmente la Society conta 3178 membri, di cui 2335 in Gran Bretagna, 633 negli Stati Uniti, 131 in Australia, 2 in Italia (di cui uno sono io), e i rimanenti sparsi tra la Germania, il Giappone, il Kenia, la Malesia, Cipro e Papua – Nuova Guinea (dati del 2005) 1.
La costituzione della Society recita: “Nell’opinione che molti aspetti delle descrizioni tradizionali della figura e della carriera di Riccardo III siano supportate da prove insufficienti e affatto sostenibili, la Società si impegna a promuovere con ogni mezzo ricerche sulla vita e i tempi di Riccardo III, e di assicurare un riordinamento sia del materiale relativo a quel periodo che del ruolo svolto da questo monarca nella storia inglese”. Per ottenere questi obiettivi, la Society opera su un triplice fronte: sul piano accademico, partecipa alla discussione con proprie pubblicazioni (edizioni di manoscritti inediti e saggi) e promuove nuove ricerche con borse di studio; dal punto di vista pubblico, si preoccupa di valorizzare e difendere località, monumenti ed edifici legati alla storia di Riccardo III (negli anni sono stati installati placche e pannelli commemorativi su vari palazzi e tombe, tra cui quella di Anne Neville, è stata eretta una statua di Riccardo III a Leicester e a Bosworth Field si è aperto un percorso visitabile); infine cerca di sensibilizzare l’opinione dei media sull’argomento, con interventi in programmi radiofonici e televisivi. Si svolgono anche incontri e raduni tra i membri della Society, i più importanti dei quali sono l’Annual General Meeting il due ottobre (data di nascita di Riccardo) e le celebrazioni per l’anniversario di Bosworth.
Per i cinquant’anni della fondazione della Society sono in programma seminari, visite in località riccardiane, ricevimenti, fine settimana di studio, conferenze, fiere artigianali e le tradizionali commemorazioni funebri.
Che ci sia una specie di “fan club” di un re morto più di cinquecento anni fa è un caso più unico che raro (qualche proposta per una Società di Alfonso I o di Ferdinando II?) e, come diceva Jeremy Potter 2, la cosa più straordinaria della Society è proprio la sua esistenza. Certo, gli obiettivi sono ancora lungi dall’essere raggiunti; ma i riccardiani non demordono. Perché Shakespeare su Riccardo III ha detto tanto, ma non tutto.









Note:

1. Per maggiori approfondimenti sulla Richard III Society, si possono visitare i siti www.richardiii.net e www.r3.org.
2. Jeremy Potter, , London, Constable 1996 (1983), p. 254.


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