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APPROFONDIMENTI

Troppo vecchi per lavorare?

12/09/2006

Troppo vecchi per lavorare?

Il tempo di vita umana disponibile per il lavoro aumenta, mentre diminuisce il lavoro e se ne trasformano i contenuti, i luoghi e i modi di erogazione del lavoro. Nel 2020 la generazione del baby-boom raggiungerà i 60 anni ed aumenterà l’incidenza dei pensionati, mentre la riduzione generalizzata delle giovani generazioni, in particolare nelle aree italiane del Mediterraneo, sarà sempre maggiore.
Nonostante ciò la nostra società stenta a reagire pur avendo una riforma sulle pensioni, che con la legge 243 del 2004 prevede un innalzamento dell’età pensionabile e la concessione d’incentivi economici(bonus) per coloro che “volessero” proseguire nel proprio lavoro anche dopo aver raggiunto i requisiti per il pensionamento.
Nel dibattito sulla riforma delle pensioni nessuno si è chiesto come saranno gestiti i lavoratori che avranno deciso, grazie al versamento di un temporaneo aumento della retribuzione, di proseguire nel loro lavoro, ma si è pensato quasi esclusivamente a risolvere la crisi dello stato sociale e previdenziale.
Per quel che riguarda gli imprenditori, a giudicare dal flusso dei pre-pensionati non hanno mai apprezzato molto il lavoro degli ultracinquantenni e non sembrano nemmeno attrezzati per poterlo fare. Bisognerebbe modificare gli stereotipi sugli anziani, radicati nelle aziende e negli stessi anziani, a cominciare dal declino fisico poiché grazie ai progressi sanitari inizia soltanto 5-10 anni prima della morte. La speranza di vita sta superando gli 80 anni, così c’è un periodo consistente dopo i 50 anni che va guardato con occhi nuovi, considerando il lavoro un elemento della qualità psicologica e sociale della vita; quindi per fare ciò bisogna superare il preconcetto secondo cui la condizione di pensionato è preferibile a quella di lavoratore.
Il processo di revisione pensionistico in atto è incompleto e squilibrato, ma soprattutto numerose e diffuse sono ancora le misure pubbliche che sostengono il pensionamento anticipato, mentre quelle per un pensionamento graduale sono poco utilizzate. La debolezza più grave delle politiche di sostegno alla manodopera che invecchia è rappresentata nel nostro paese dalla formazione.
La formazione continua, prevista dalla legge, è tuttora poco attuata infatti nelle imprese gli investimenti formativi sono rivolti principalmente alle persone con meno di 40 anni. Le ricerche condotte dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro sottolineano come le imprese sono troppo centrate sul profitto immediato e poco attente ad un’organizzazione del lavoro più flessibile che si possa adattare al ciclo di vita del lavoratore, attuando cambi di mansione o riduzione dell’orario di lavoro.
In sostanza bisogna puntare al “life-long learning”, cioè all’aggiornamento ed alla formazione continua che prenda tutto l’arco della vita. Questo significa che bisogna puntare alle generazioni di età media affinché siano sempre pronte agli aggiornamenti continuamente in atto della tecnologia.


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