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APPROFONDIMENTI

Il principio di compensazione junghiano: l’autoregolazione tra conscio e inconscio

28/05/2009

Il principio di compensazione junghiano: l’autoregolazione tra conscio e inconscio

L'approccio concettuale di Jung trae le sue origini dal pensiero di Freud, in particolare dal concetto di libido, che come sappiamo è centrale nella teoria freudiana. Nonostante questo, a differenza dello psicoanalista austriaco che aveva esperienza prevalentemente di nevrotici e considerava la libido come un’energia tipicamente legata alla pulsione sessuale, Jung, che vive i suoi primi anni professionali a contatto con gli psicotici, ha modo di notare che si tratta invece di una energia vitale non specifica che coinvolge tutto il processo psichico dell'individuo e che è responsabile della formazione dei simboli.
Egli riconosce i meriti dell’analisi di Freud e di Adler - il primo concentrato sull'oggetto e teso all'analisi del passato, il secondo concentrato sul soggetto e teso quindi allo sviluppo delle potenzialità dell'individuo nel futuro -, ma capisce che deve fare una sintesi tra i due opposti, in quanto essi non si escludono ma devono necessariamente integrarsi.

Da qui egli comincia ad elaborare il concetto di tipi psicologici, riconoscendo nell'individuo due polarità che si contrappongono e che formano la base della personalità individuale: l'introversione e l'estroversione.
L'introverso procede dal soggetto all'oggetto, ovvero la sua coscienza è dentro la soggettività individuale e percepisce l'oggetto come sfondo; viceversa l'estroverso, che procede dall'oggetto al soggetto, ha la coscienza centrata sull'oggetto e avverte la soggettività personale come sfondo. Di conseguenza l'estroverso avrà la tendenza ad uniformarsi più facilmente alle regole sociali, avrà più facilità ad adattarsi, mentre per l'introverso ciò sarà più difficoltoso perché ogni scelta verrà prima vagliata dalla propria personale visione delle cose. Queste due tendenze possono essere immaginate come due estremi opposti situati su di una linea immaginaria che va dalla completa introversione alla completa estroversione.

Generalmente nella personalità di un individuo prevale una di queste due polarità mentre l'altra rimane sullo sfondo. A questo proposito nella teoria di Jung viene descritto un meccanismo di bilanciamento tra introversione ed estroversione che prende il nome di compensazione. Tale meccanismo agisce egualmente sia a livello conscio che a livello inconscio generando una forma di autoregolazione: chi si presenta prevalentemente introverso a livello cosciente sarà prevalentemente estroverso nella sua parte inconscia, al contrario una persona che si presenta molto estroversa a livello cosciente avrà nel suo inconscio una componente fortemente introversa.
Il meccanismo della compensazione è strettamente legato a quello dell'individuazione, infatti Jung è convinto che “la compensazione inconscia di uno stato nevrotico della coscienza contiene tutti gli elementi capaci di correggere efficacemente e fruttuosamente l'unilateralità della coscienza, quando questi elementi divengano coscienti, vale a dire siano intesi e integrati come realtà nella coscienza”1.

Jung osserva che ci sono due modi per procedere nello studio della personalità umana: uno analitico, come quello adottato da Freud dove tutto il materiale simbolico viene pazientemente scomposto e analizzato, l'altro sintetico, che invece integra il materiale simbolico in una espressione generale e comprensibile. È appunto a questa seconda definizione che Jung dedica la sua attenzione e difatti parla del processo di amplificazione, un lavoro mediante il quale, per interpretare i prodotti dell'inconscio, “non ho più ridotto, come Freud, a elementi pulsionali, ma ho posto in analogia con i simboli della mitologia [...] per riconoscere il significato sotto il quale essi si apprestavano ad agire [...] per cui è diventato possibile una riconciliazione tra la personalità cosciente e le tendenze arcaiche altrimenti incompatibili con la coscienza”2.

Nel suo saggio Psicologia dell'inconscio (1917-1943) Jung descrive il sogno di una sua paziente evidenziando le due modalità di interpretazione: egli sottolinea come solo col metodo sintetico sia possibile cogliere il significato rispetto al soggetto che sogna, liberandolo dalla realtà oggettiva esterna. Ciò rende possibile riconoscere i contenuti espressi nel sogno come parti del soggetto, per poterli successivamente integrare nel soggetto. Il sogno usa un linguaggio simbolico ricco di condensazioni, crea metafore per spiegare le quali occorrerebbero fiumi di parole. Il suo è un linguaggio analogico, la sintesi gli è affine, l'analisi stravolgerebbe la sua essenza.
Per questo Jung afferma che il sogno raffigura se stesso e ha una funzione compensatrice, perché sottolinea il lato opposto e inespresso della personalità al fine di conservare l'equilibrio. Tutti i processi inconsci, per Jung hanno una funzione compensatrice dei processi psichici coscienti, ovvero attuano un bilanciamento funzionale che può essere considerato come una autoregolazione dell'apparato psichico al fine di mantenere l'omeostasi.

L'attività della coscienza ha una sua direzione prevalente, ha necessità cioè di selezionare alcuni contenuti ed escluderne altri, ma questo relegare nell'inconscio contenuti non affini non li esclude completamente; infatti, pur essendo inconsci, questi contenuti fanno da contrappeso all'orientamento cosciente e un'eccessiva unilateralità provoca una forte tensione che porta i contenuti ad affiorare, ad esempio attraverso i sogni. In questo modo l'inconscio fornisce alla coscienza gli elementi necessari per raggiungere un adattamento.
Scrive Carotenuto: “La possibilità che la psiche umana ha di mediare la tensione che le antinomie provocano e di costruire nuove sintesi, è ciò che potremmo definire capacità simbolica, capacità cioè di tenere assieme e di spostare su un piano metaforico ciò che su un piano concreto verrebbe altrimenti vissuto come conflitto e porterebbe a lacerazioni e scissioni della coscienza”3.

Nelle nevrosi, la normale compensazione è disturbata dall'eccessivo contrasto tra contenuti inconsci e la coscienza e in questo caso la terapia analitica mira a rendere coscienti questi contenuti per ristabilire la compensazione. Scrive Jung: “è insomma come se la nostra coscienza si trovasse tra due mondi o realtà [...] tra loro incompatibili, e non esiste alcuna logica che le possa conciliare: l'una offende il nostro sentimento, l'altra la nostra ragione e tuttavia l'umanità ha sempre provato il bisogno di conciliare in qualche modo le due immagini del mondo [...] ritengo che la conciliazione tra verità razionali e verità irrazionale possa realizzarsi non soltanto nell'arte, quanto piuttosto nel simbolo perché il simbolo contiene, per sua natura, ambedue gli aspetti”4.
Jung concepisce il simbolo come un motore psichico strettamente legato al sintomo e sarebbe proprio la capacità simbolica del terapeuta a permettere al paziente di intravedere un senso nuovo del conflitto spostandolo su un piano metaforico, per poter raggiungere una sintesi che vada oltre gli opposti. Il simbolo media quindi tra conscio e inconscio e nelle mani del terapeuta diventa uno strumento che consente una possibilità di compensazione a chi vive il blocco di tale funzione.

Inoltre Jung distingue il trattamento analitico di una persona giovane da quella giunta alla mezza età. Nel primo caso l'analisi servirebbe ad aprire nuovi potenziali orizzonti di sviluppo mentre nel secondo caso avverrebbe l'incontro con l'ombra, ovvero con tutti quei contenuti rimossi nella prima metà della vita e il cui riconoscimento può portare a veri e propri sconvolgimenti esistenziali. Lo svelamento della personalità originariamente contenuta, il dispiegamento dell'originaria totalità potenziale, ci porta a fare i conti con gli archetipi, che Jung definisce “ordinatori di rappresentazioni” o “modelli di comportamenti innati”, potenti immagini mitologiche che agiscono sia nell'inconscio collettivo che in quello individuale.

È attraverso l'elaborazione cosciente delle immagini dell'inconscio collettivo che si sviluppa quella che Jung chiama la funzione trascendente, data dall'unificazione dei contrari. La funzione trascendente conduce alla rivelazione dell'uomo essenziale, mentre l'opposizione inconscia, se ignorata, provoca sintomi e situazioni che comunque interferiscono con la vita cosciente del paziente. La terapia quindi si pone l'obiettivo di capire e valorizzare nel miglior modo possibile i sogni e le altre manifestazioni dell'inconscio, sia per evitare il formarsi di un’opposizione inconscia che col tempo può diventare pericolosa, sia per sfruttare al massimo il fattore terapeutico proprio della compensazione.

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Note:

1. C. G. JUNG, Psicologia dell'inconscio, in “Opere”, ed. Bollati Boringhieri (volumi V e VII), 1983, pag.112.
2. U. GALIMBERTI, Le Garzantine Psicologia, Garzanti Editore, 1999.
3. A. CAROTENUTO, Trattato di psicologia analitica, Torino, UTET (volume II), pag.421.
4. A. CAROTENUTO, Trattato di psicologia analitica, Torino, UTET (volume II), pag.777.


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