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APPROFONDIMENTI

Percorsi di sostegno educativo ai genitori nel rapporto con i figli

19/12/2005

Nell’incontrare, ascoltare i genitori emerge prepotentemente l’esigenza d’aiuto nel processo educativo dei figli e confrontarsi, rapportarsi con tale bisogno di sostegno/aiuto, significa principalmente prefiggersi la crescita delle opportunità per la famiglia ed i loro componenti, di una emancipazione educativa volta all’ampliamento del proprio spazio relazionale e vitale, al passaggio da “soggetti passivi” – “espertidipendenti” - al ruolo di “soggetti attivi” per acquisire competenze di azione educativa.
Il sostegno al percorso educativo va al di là della gestione, della pianificazione del “tecnicismo addestrativo” nei rapporti relazionali. I genitori nel chiedere aiuto si accorgono subito che la loro preoccupazione coincide, inevitabilmente e fisiologicamente, con la tematica centrale dell’essere padri e madri ed, immediatamente, le loro esigenze tecniche lasciano intravedere il loro bisogno di domande sui valori, sul perché dell’educazione, sulle finalità ed obiettivi, sulla legittimità o meno di questo o quel mezzo educativo. Da ciò è evidente che l’aiuto da offrire ai genitori non è meramente solo di natura tecnica né, tantomeno, alle domande contenutistiche non si possono dare unicamente risposte tecniche.

Esempi di problemi di natura tecnica: Marco, nonostante i suoi 14 anni, non è responsabile delle sue cose ed autonomo nel pianificare lo studio; Andrea, con i suoi 16 anni, non si sente all’altezza delle situazioni, non si dimostra coraggioso e sentirsi in sintonia con se stesso e con gli altri; Maria, con un’età compresa tra i 12-13 anni, non riesce ad essere rispettosa , gentile e non riesce ad usare le buone maniere. Cosa dobbiamo fare per risolvere tali problemi? Se si è disposti ad affrontarli dal punto tecnico, senza mettere in discussione le scelte “esperte”, bisogna accettare le soluzioni e metodi x.y.z. E se dopo aver preso una decisione, permane il dubbio sull’agire o sul dover fare qualcosa altro, allora i problemi devono essere affrontati da una diversa angolazione: mettersi in gioco, in discussione e confrontarsi con il proprio “vissuto quotidiano”.
Esempi di problemi della “quotidianità vissuta”: i genitori che iniziano a chiedersi : Cosa sta succedendo a Marco, Andrea e Maria? Come vive i rapporti con gli amici? La scuola, l’ambiente scolastico è accettata di buon grado da mio figlio/a? Il nostro comportamento, il nostro essere genitori è condiviso da lui/lei? Quali sono i nostri errori? ecc.ecc. Tutte, queste, domande che centralizzano non solo la relazione genitore-figlio, ma coinvolgono la società extrafamiliare.

Da questi esempi, probabilmente non esaustivi, si può evincere che le domande sull’educazione, sul vissuto quotidiano non possono essere disgiunte dai temi contenutistici e dalle reali situazioni globali di vita familiare nella società. L’incontro con i genitori deve costituire l’oggetto di un colloquio, di una relazione, di un confronto e discussione sociale. Se si vuole dare aiuto e sostegno ai genitori, non possiamo circoscrivere e ridurre le loro domande a problemi mediante una soluzione oggettiva, ma anche attraverso l’implicazione di una “soggettività genitoriale” che li conduca a discutere con se stessi e con altri, che dia loro la possibilità di ricercare insieme un modello d’azione educativa.

Il “tecnicismo addestrativo” da solo non basta. L’aiuto ai genitori deve “canalizzare” potenzialità e risorse latenti degli stessi, per poter iniziare un percorso formativo che fronteggi con responsabilità pedagogica la loro costante preoccupazione pratica della quotidianità. Un iter formativo inteso come il “traduttore” tra le esperienze soggettive e il contesto, tra lo sviluppo familiare privato e quello sociale, in cui il dialogo deve mirare al raggiungimento di nuovi atteggiamenti e comportamenti, ad un livello di discussione comune (genitori con i genitori, genitori con i figli, genitori con le istituzioni) sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d’onda per iniziare un rapporto dialogico sulla “quotidianità vissuta” che, deve permettere di avvicinare i genitori per conoscere il loro progetto di relazione, famiglia, di vita.

Aiutare e sostenere i genitori, nel lungo e tortuoso percorso educativo, significa anche formare, intendendo con ciò il miglioramento delle capacità nascoste dei genitori, delle loro sopite qualità di educatori dei propri figli, tenendo sempre presente l’importanza dell’aspetto contenutistico. Tutto questo può accadere solo quando i genitori hanno la possibilità di parlare della propria realtà, di esprimere le proprie idee ed opinioni in merito all’educazione; di poter parlare con operatori (qualcuno li definisce esperti) del settore, di poterlo fare con altri genitori e di poter intessere un dialogo con loro, anch’essi con il loro problemi, punti di vista e capacità, di riuscire a coinvolgere i propri figli nel dialogo, modificando la collocazione di quest’ ultimi: da oggetto dei dialoghi a soggetti attivi e competenti interlocutori.
Alla prossima.


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