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Il rapporto tra felicità e libertà

Ritornando alle analogie, uno dei tratti comuni è il rapporto tra felicità e libertà, evidente in My e Brave New World: esso è la chiave di volta della costruzione tematica. La felicità derivante da un'organizzazione sociale, civile e ordinata si può solo conseguire al prezzo della libertà.

Questo concetto pervade l'intera narrazione in Noi, dove trova la sua enunciazione più diretta nella leggenda del paradiso che il poeta R-13 espone, parlando con D-503: "A due abitanti del paradiso fu offerta la scelta: o la felicità senza libertà, o la libertà senza felicità: non c'è terza via. Essi, idioti, scelsero la libertà e sospirarono per secoli di avere le catene. Oggi noi siamo di nuovo innocenti come Adamo ed Eva. Perchè ciò protegge la nostra non-libertà, è la nostra felicità".

L'opposizione tra i due principi è fatta qui risalire alle origini dell'umanità. Da più di uno studioso è stata notata in questa pagina un'ascendenza dostoevskiana, e in effetti, nella caratterizzazione stessa del Governatore Mustapha Mond si possono cogliere delle affinità col Grande Inquisitore. Nel Mondo Nuovo, che si caratterizza come un mondo pieno di agi e comodità, manca però la libertà; anzi manca tutto un insieme di valori umani, affetti, sentimenti, religione, arte, cultura, di cui il principale, comunque, e quello in cui in qualche modo tutti li riassume è proprio la libertà.

La relazione tra libertà e felicità finisce per assumere il carattere di una radicale antitesi. Ciò è evidente nei dialoghi tra il Selvaggio e Mond. Alla fine del libro si afferma in modo esplicito che la rinuncia alla libertà è il prezzo da pagare per avere la felicità: "adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere".

E' evidente che la libertà invocata in questo libro, non è tanto la libertà politica in senso stretto, ma la libertà morale e spirituale, di matrice culturale umanistica. Oggetto principale della denuncia di Huxley sono le degenerazioni provocate dal capitalismo e dall'industrialismo spinto: si pensi alla forte polemica contro il consumismo fine a se stesso, di cui sono eloquenti precetti ipnopedici come: "gli abiti vecchi diventano brutti" o "E' sempre meglio buttar via che aggiustare".
Sicuramente, il sistema etico-ideologico di riferimento dello scrittore è di stampo liberale-borghese e conservatore. Adorno, in proposito, arriva a parlare di conclusione reazionaria del romanzo, cosa che pare eccessiva e ingenerosa. Anche perchè, a ben guardare, molti dei pericoli paventati da Huxley sono, in sostanza, gli stessi di quelli indicati da Marx ed Engels, come effetti del capitalismo sull'uomo: alienazione, massificazione, abbrutimento, reificazione.

Insomma, ciò che si rimprovera da sinistra allo scrittore inglese è di esprimere una posizione  reazionaria, rivolta a indicare nel passato i modelli positivi di riferimento. In realtà, ciò che preoccu-pa l'autore non è tanto il progresso in sè, ma la direzione che esso ha assunto, trasformandosi da strumento di miglioramento in minaccia e fattore di degradazione e regressione dell'uomo stesso.

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