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Commento di Claudio Cera all’art. 2399: cause di ineleggibilità


Per assicurare indipendenza e neutralità dei sindaci la riforma ha ampliato le cause di ineleggibilità, anche superando la portata di quelle previste per le quotate.
La lettera a) non ha subito modifiche (e si ritiene che, per il richiamo al 2382, ogni altra causa di ineleggibilità prevista per gli amministratori è applicabile anche ai sindaci (es.: qualifica di impiegato civile nello Stato, carica di parlamentare o membro del Governo, carica di membro del Csm), tranne le leggi speciali che indicano requisiti di professionalità e onorabilità per gli amministratori, dato che la materia, per i sindaci, è specificamente trattata dal 2397).
La b) (che riprende la stessa formula della b) del comma 3 dell’art. 148 del Tuf) è stata estesa per maggior rigore (per assicurare indipendenza e neutralità), visto il nuovo ruolo del collegio e l’eliminazione del requisito dell’iscrizione nell’albo dei revisori (perciò serve, comunque, maggiore rigidità). La riforma non si è estesa fino a ricomprendere anche situazioni familiari di fatto o altre figure quali i direttori generali o i procuratori; si potrebbe suggerire l’interpretazione estensiva, ma il richiamo ad un rapporto (matrimonio) giuridicamente imputabile al sindaco lo esclude, poiché, altrimenti, tale richiamo non sarebbe stato compiuto. Il Tuf non riporta le società “sottoposte a comune controllo”: si fa riferimento alle controllate dalla propria controllante (l’amministratore di D, che controlla X, Y, Z, non potrà essere in queste 3 sindaco se D è a sua volta controllata da C, che controlla anche X, Y, Z); si discute sulla possibilità di interpretazione estensiva anche a tutte le altre società appartenenti al medesimo gruppo (C controlla D (dove si trova l’amministratore), A, B, che controllano L, M, N, e in queste ultime 3 l’amministratore di D, con interpretazione estensiva, non potrebbe essere sindaco); a parere di chi scrive, tale estensione si ritiene corretta per via della nuova funzione del collegio (quindi la necessità di maggiore neutralità).
La lettera c) in passato riportava solo “coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita”, e alcuni interpretavano come rapporto di lavoro dipendente (ma solo con vincolo di subordinazione, altri incarichi no), mentre altri sostenevano la continuità come rigorosa stabilità dell’incarico professionale (opinione prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza). Il nuovo testo elimina i dubbi interpretativi: parla semplicemente di rapporti di lavoro, così ricomprendendo qualsiasi rapporto, sia subordinato che autonomo. Poi, l’indicazione di “rapporti continuativi di consulenza” e “prestazione d’opera retribuita” altro non sono, a parere di chi scrive, che specificazioni della più ampia espressione “rapporto di lavoro”; inoltre, si vuole così chiarire che l’ulteriore requisito della continuità è richiesto solo per tali specifiche fattispecie, anche se i dubbi interpretativi circa continuità e stabilità, sorti in precedenza per la prestazione d’opera retribuita, non sono stati chiariti; a parere di chi scrive, questa continuità dev’essere letta come una mera indicazione che il legislatore ha fornito all’interprete per determinare le ipotesi in cui viene meno l’indipendenza nei confronti della società, e sarà così necessario verificare di volta in volta se esiste una relazione patrimoniale con la società che possa compromettere l’indipendenza nei confronti della stessa (anziché guardare esclusivamente alla presenza della continuità, di difficile e ambigua determinazione, anche perché può configurarsi un rapporto di consulenza, sebbene occasionale, di notevole entità, o che comunque fa venire meno la neutralità e l’autonomia). La ratio di ciò deriva proprio dall’ultima ipotesi della lettera c), “altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza”, dunque qualsiasi rapporto patrimoniale, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di lavoro.
L’ultimo comma è una vera novità, chiarisce che le cause di ineleggibilità previste dalla legge non sono tassative e consente di limitare il cumulo di incarichi (a patto, però, che tali previsioni in statuto siano introdotte per garantire l’autonomia e l’indipendenza dei sindaci).

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