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Commento di Luca Restaino all’art. 2384: poteri degli amministratori


Il nuovo testo (espressamente applicabile anche al modello monistico e dualistico) attribuisce agli amministratori un potere di rappresentanza generale facendo così venir meno la rilevanza dell’oggetto sociale quale limite al relativo potere.
Prima del dpr 1127/1969 il potere di rappresentanza (delineato dal combinato disposto del 2384 e 2298 comma 1) attribuiva la facoltà di compiere tutti gli atti che rientravano nell’oggetto sociale, salve le limitazioni risultanti dall’atto costitutivo o dalla procura (opponibili ai terzi se iscritte nel registro delle imprese o se la società non era in grado di provare che i terzi ne erano a conoscenza).
Si era affermato che in tal modo la società potesse stabilire convenzionalmente il contenuto legale della rappresentanza, addossando ai terzi sia l’onere di accertare l’estensione di tale potere sulla base delle risultanze della pubblicità legale, sia il rischio di un’erronea valutazione della corrispondenza dell’atto da compiere con la previsione astratta contenuta nell’atto pubblicato.
Il legislatore sembrava così voler privilegiare l’interesse della società ad esercitare un maggior controllo sull’operato degli amministratori e a non restare vincolata dall’attività compiuta dagli amministratori infedeli piuttosto che un rafforzamento della tutela dei terzi.
Il dpr 1127/1969 attua la direttiva CEE 151/1968 per tutela dei terzi, certezza e celerità delle contrattazioni. All’art. 9 stabilisce che “gli atti compiuti dagli organi sociali obbligano la società nei confronti dei terzi anche quando tali atti sono estranei all’oggetto sociale”, “Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire che la società non sia obbligata quando tali atti superano i limiti dell'oggetto sociale, se essa prova che il terzo sapeva che l'atto superava detti limiti o non poteva ignorarlo, considerate le circostanze, essendo escluso che la sola pubblicazione dello statuto basti a costituire tale prova”.
Nel recepire la direttiva, il legislatore italiano accoglie il principio per cui il contenuto legale generale della rappresentanza non è derogabile dall’autonomia privata, ma si avvale della facoltà (concessa dalla direttiva) di configurare l’oggetto sociale quale limite legale al potere di rappresentanza, dimostrando resistenza al recepimento di un mutamento radicale della disciplina. Il 2384 attribuiva così agli amministratori un potere di rappresentanza per tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale, salvo (2384-bis) l’inopponibilità dell’estraneità dell’atto all’oggetto sociale ai terzi di buona fede.

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