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Opere di Brunelleschi

Opere di Brunelleschi


BATTISTERO DI FIRENZE
La cupola costituisce l’enigmatica più complessa e simbolica della sua produzione.
Ma solitamente, per far capire la sua figura, la storia dell’arte si affida al concorso per il Battistero di Firenze. Il concorso richiedeva la produzione di una formella sul riferimento del testo sacro del sacrificio di Isacco. Dio gli ordina di sacrificare suo figlio per testare la sua fedeltà. Ma è solo una prova perché arriva un angelo che lo ferma.
Bisognava rappresentare un ambiente naturale con un gregge e i servitori ed il padre con il coltello e il figlio legato.

La storia dell’arte mette a confronto la soluzione di Brunelleschi e Ghiberti.
La differenza è che nell’opera di Ghiberti tutto è reso in modo statico, convenzionale, nell’ indifferenza dei vari elementi.
Da Brunelleschi c’è la volontà di rendere unitaria la rappresentazione, e per questa unitarietà si affida alla geometria cioè al triangolo. Un altro dettaglio colto è la riproduzione di una statua appena rinvenuta nei giardini vaticani, cioè un uomo che si toglie una spina dal piede, un servitore .
La cosa più importante è che a differenza della formella di Ghiberti, dove tutto è paradossalmente statico, Brunelleschi tende a rendere muscolare la sensazione: il figlio inarca il corpo indietro, il padre scarica il peso in avanti, l’angelo lo blocca. In Ghiberti i soggetti non trascrivono i sentimenti.
Vince Ghiberti perché è escluso che in quel periodo si potesse riconosce un altro al posto suo.

OPERE DI ARCHITETTURA

CUPOLA DI S. MARIA DEL FIORE.

Costruita senza ponteggio ligneo, bisognava solo chiuderla ma occorreva ponteggio di circa 45 metri. Ma, a causa della peste, le maestranze erano sparite dai cantieri, quindi l’opera del Duomo aveva difficoltà ad essere appaltata.
In questo contesto Brunelleschi vuole superare questo problema e inventarsi una soluzione tecnica diversa per evitare il ponteggio. Da questo input nasce la cupola.
La cupola nasce con la consapevolezza che l’arco gotico (che per i rinascimentali era l’arco dei barbari perché aveva soppiantato quello a tutto sesto dei romani) era l’unica soluzione per fare un sistema autoportante. Non si può usare l’arco a tutto sesto perché non gli consentirà mai di costruire degli anelli che si sovrappongono concentricamente rinsaldati da costoloni. Questi sono i reali portanti dell’apparato che si va costruendo.

Nella cupola vi è una combinazione di rosso e bianco. Bianchi sono i costoloni che fuoriescono dagli 8 spicchi.

Progetta 2 calotte. Una interna, strutturale, potente e robusta; una esterna per lo smaltimento delle acque. Tra le 2 strutture c’è la possibilità di un camminamento.

Criterio con cui riesce a risolvere l’aspetto legato alla manca di maestranza:
monta all’esterno della struttura, nella parte in corso d’opera, delle travi che entrano nella muratura e che consentono di applicare, all’esterno della muratura, i tavoli per gli operai.
Quando l’anello si è concluso e asciugato, si può andare sempre più avanti e organizzare l’anello successivo, fino a quando il rapporto di distanza tra i 2 anelli consente di passare da una parte all’altra.

Nella parte strutturale interna vi sono enormi costoloni in pietra che garantiscono una posizione certa.

La parte intermedia, tra costolone e costolone, forma le vele che sono formate da cotto, mattoni montati a spina di pesce che consentono una tenuta strutturale certa tra costolone e costolone.

L’OSPEDALE DEGLI INNOCENTI
Una delle prime opere da lui progettate.
Rispetto alla tradizione fiorentina, molto corposa nei materiali, lui propone un sistema diverso che alleggerisce la prospettiva. Insieme al colonnato continui con l’arco a tutto sesto ricorre una trabeazione che rivela dall’alto le chiavi degli archi. Impiega colonnine molto esili e usa un sistema progettuale classico.

Ricorre a una trabeazione tangente dall’alto a tutte le chiavi degli archi a tutto sesto. Anche nell’elemento superiore su cui poggiano le finestre vi è la trabeazione a 3 fasce classica del mondo greco e romano.
Questa sua soluzione intende emozionare. Perché è come se voglia svuotare la parte di prospetto che in tutte le architetture fiorentine è massiccio.
Se guardiamo un palazzo fiorentino del ‘400 l’attacco al pian terra è poderosissimo, una specie di fortezza che governa questa relazione tra spazio collettivo (strada) e privato.
Svuota questo raccordo tra collettivo e privato, e offre allo spazio pubblico una soluzione alternativa poco usata nel fiorentino. Soprattutto quando gli agenti climatici sono sfavorevoli il portico è una soluzione collettiva, ma è anche un elemento che pone dei giochi di luce e ombra e che allontana il pieno rispetto al profilo della facciata.
Le finestre che stanno in alto stanno a filo con gli archi. Sono messe in un rapporto particolarmente “provocatorio” perché sono in asse sul vuoto dell’arco come se si volesse contravvenire ai criteri abituali.
Perché il vuoto che si crea sotto un arco è opportuno che non abbia altri elementi di peso maggiore. Qui c’è un momento che vuole creare una relazione di pertinenza tra l’asse dell’arco e questo elemento che gli sta sopra in relazione sistematica che si ripete uguale diverse volte quasi a varcare questa ripetizione. Questa viene ripetuta anche attraverso i sistemi strutturali della volta a crociera che sta all’interno del portico e che sul muro interno è garantita, non più dalle colonne o semicolonne, ma da piccole mensoline dive chiude in alto l’elemento strutturale della volta.

Altra opera insieme alla chiesa di S. Lorenzo è la SAGRESTIA VECCHIA -> si fa ricorso a questo aggettivo perché a distanza di decenni si potrà confrontare con quella nuova. Sono due lotti identici ma 2 soluzioni architettoniche completamente differenti.

Formato da: vano quadrato piccolo sormontato da una cupola:
I muri sono smaterializzati per dare una forma circolare
È chiamato scarsella = tasca. È un elemento di continuità con il vano maggiore.
Gli altri 2 vani sono rettangolari.

Nella teoria rinascimentale la pianta centrale è assunta come soluzione preferita

Il vano centrale è caricato dalla cupola che occupa in alto tutto il vano ed è divisa in 12 spicchi.
La sua idea è che i 2 livelli che sono sottomessi alla cupola vengono gerarchizzati attraverso un sistema di trabeazione che corre sistematicamente su tutti gli ambienti interni dell’edificio. Nel gestire la verticalità di questo ambiente Brunelleschi ricorre ad una fascia di trabeazione tra l’ambiente di calpestio e l’ambiente immediatamente superiore utilizzando un lato del quadrato per fare un arco a tutto sesto. L’arco a tutto sesto è tangente al 3° livello, la parte di copertura della cupola.
 
Criterio con cui governa il transito tra ambiente quadrato e altri elementi.
Il suo obiettivo è stabilire una relazione immediata tra vano maggiore e vano minore infatti la fascia di trabeazione attraversa il lato dove ricade l’altare, ripiega nel lato minore e riesce.
Il vano minore, dal punto di vista della superficie, è la nona parte del vano maggiore. Se dividiamo il vano maggiore in 9 parti una di queste corrisponde alla scarsella.
Utilizza rapporti di proporzionalità tra vano maggiore e minore e criteri di vincolo spaziale per raccordare i quadrati e stabilire, con la gerarchia di questi volumi, momenti di comunicazione anche attraverso le aggettivazioni architettoniche.

Nello spigolo del quadrato maggiore c’è una parasta piegata a libretto. La parasta a destra è dritta, a sinistra è una sola piegata a metà.
Quando deve marcare il passaggio verso l’area presbiteriale utilizza la parasta per intero e la mette sullo spigolo, una verso l’interno e una sul vano maggiore.

Propone una cosa che sarà ricorrente nel Rinascimento. Possiamo stare nel solco del classico nel momento in cui l’arco che sta sopra utilizza i 2 pilastri, formati dalle 2 lesene, come elemento strutturale tra il muro che ha ritagliato l’arco a tutto sesto. Ma l’arco a tutto sesto poggia sulla trabeazione, quindi è come se ci fosse una sorta di ordine + arco.
L’ordine architettonico è dato da: lesene con scanalature con in alto capitello su cui corre la trabeazione. Ma è anche usato come se fosse una parte di capitello su cui scarica l’arco a tutto sesto. Quindi c’è un ordine architettonico a destra e uno a sinistra e al centro un arco, quindi un sistema ordine + arco.
Altro elemento è il criterio con cui si passa dal quadrato al cerchio.
C’è un vano quadrato e poi sullo spigolo l’elemento chiamato pennacchio sferico.
Pennacchi sferici -> elementi a vela in curva che, proprio perché rinsaldano da un lato e dall’altro su 2 archi a tutto sesto, curvano la sagoma di una ipotetica sfera che è potenzialmente inscritta fra i 4 pennacchi che stanno sui 4 spigoli per tagliare su un arco questa specie di triangolo deformato che asseconda la curva. Consentono di passare dal quadrato al cerchio.

Quando non si vuole caricare lo spigolo bisogna ridurre l’importanza dell’elemento architettonico, quindi invece di usare le paraste una su un fronte e una su un altro, se ne prende una e la si piega a libretto.

DUE GRANDI BASILICHE: S. LORENZO E S. SPIRITO
Esse diventarono i modelli di una progettazione proporzionale: il quadrato della tribuna divenne il modulo di base di tutta la composizione:
In S. Spirito questo quadrato viene ripetuto 3 volte per formare il coro e i transetti
Navata centrale lunga 4 quadrati, l’altezza è il doppio dell’ampiezza
Parte superiore, finestrata, della navata principale è alta come il colonnato sottostante
Navate laterali formate da campate quadrate anch’esse alte il doppio dell’ampiezza
Tutto l’interno percorso da imponente colonnato corinzio.

Tratto da APPUNTI DI STORIA DELL'ARCHITETTURA di Debora Neri
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