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Indicazione al trapianto cardiaco


La discrepanza tra il limitato numero di donatori e il fabbisogno di organi rende la selezione dei riceventi fondamentale.
I criteri classici di indicazione compredono l'insufficienza cardiaca irreversibile, una classe funzionale NYHA III o IV nonostante un trattamento medico massimale e un'aspettativa di vita stimata inferiore a 1 anno. I criteri emodinamici che caratterizzano l’insufficienza ventricolare sinistra e destra sono numerosi, ma  insufficienti per porre indicazione al trapianto. Questi includono indicatori di insufficienza ventricolare sinistra come la frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore al 25% associata ad una pressione capillare polmonare superiore a 30 mmHg. Altri parametri con valore prognostico sono la dilatazione telesistolica del ventricolo sinistro e una riduzione dell’indice cardiaco.
Una metodica dimostratasi altamente sensibile e specifica nella stratificazione della prognosi in termini di sopravvivenza è rappresentata dalla misurazione dello scambio dei gas respiratori  sotto sforzo (misura del VO2 di picco). Un MVO2  superiore a 14 ml/min/Kg viene considerato controindicazione al trapianto poiché la sopravvivenza a un anno è generalmente migliore rispetto ai pazienti trapiantati.
La maggior parte dei candidati a trapianto di cuore sono affetti da cardiopatia ischemica o cardiomiopatia non ostruttiva. L’indicazione viene altresì posta in caso di insufficienza cardiaca irreversibile secondaria a valvulopatie, cardiomiopatie ostruttive, miocarditi e cardiopatie congenite non passibili di trattamento chirurgico, di cui è prevedibile un aumento nei prossimi decenni per la presenza di pazienti già sottoposti ad uno o più interventi ricostruttivi o palliativi.
L’età è da tempo un fattore limitante. Diversi trapianti sono stati effettuati con successo in pazienti di età
superiore a 60 anni e ciò tende a spostare il limite di età che consenta di porre indicazione chirurgica. Peraltro, la carenza di organi fa sì che, allo stato attuale, vengano tendenzialmente privilegiati pazienti più giovani. L’aspetto sociale e psicologico è fondamentale, sia sul piano del paziente, sia sul piano dell’ambiente familiare, poiché è quest’ultimo che condizionerà la qualità del proseguimento del trattamento medico e il rigoroso rispetto dei controlli a distanza imposti dal trapianto.
 Tra queste, la presenza di conseguenze irreversibili della cardiopatia di base sul circolo polmonare è una delle più importanti. In caso di aumento fisso delle resistenze polmonari (superiori a 6 unità Wood) o di un gradiente transpolmonare maggiore di 15 mmHg, si assiste ad una disfunzione ventricolare destra nell’immediato periodo postoperatorio. Tali pazienti vengono abitualmente rifiutati, vengono candidati ad un trapianto cuore-polmone o, infine, sono sottoposti ad un trapianto cardiaco eterotopico, lasciando in situ il cuore nativo. In questo contesto, è importante valutare la possibile diminuzione delle resistenze polmonari in risposta a farmaci vasodilatatori (nitroprussiato, dobutamina, amrinone, prostaglandina E1, prostaciclina e, soprattutto, inalazione di monossido di azoto). Una riduzione delle resistenze polmonari in risposta ad una prova farmacologica può eventualmente far riconsiderare l’indicazione al trapianto di cuore.
Strettamente correlati alla prognosi a breve termine della cardiopatia di base si situano le tendenze più recenti di identificazione dei sottogruppi di pazienti a più elevato rischio di morte. In tale senso stanno delineandosi criteri predittivi che includono il numero di ricoveri ospedalieri e di variabili volti all'identificazione di un danno a carico dei diversi organi (creatiniemia, bilirubinemia, natriemia, rantoli polmonari persistenti) secondario all'insufficienza circolatoria. E' stato infatti rilevato come l'assenza di una disfunzione d'organo corrisponda a pazienti la cui sopravvivenza a distanza può essere migliorata da una corretta terapia farmacologica. Viene in tal modo selezionata una popolazione di pazienti per i quali il trapianto può essere almeno procrastinato, riducendo considerevolmente le liste e i tempi di attesa.

Tratto da APPUNTI DI CARDIOCHIRURGIA di Alessandra Di Mauro
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